- Informazioni generali sul mantenimento di una colonia
- Fondazione
- Formicaio artificiale a lastre affiancate
- Scheda: Messor capitatus
- Formicaio artificiale in gasbeton (ytong)
- Lista specie italiane
- Costruire un formicaio in gesso (variante 2)
- Scheda: Crematogaster scutellaris
- Costruire un formicaio di gesso (variante 1)
- Scheda: Lasius niger
- Scheda: Camponotus vagus
- Nidi di legno per formiche carpentiere
- La dieta Bhatkar
- L' antifuga e l'arena esterna
- Formicaio "ibrido" - (variante 3)
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Questo è un nido verticale che va bene per l'accrescimento iniziale di una giovane colonia (in base alla taglia della specie potrà contenere anche diverse centinaia di formiche). E' un nido molto economico (il costo totale del materiale si aggirerà sui 10 euro) ed è abbastanza funzionale. Come base è stato usato un contenitore di plastica venduto nei supermercati per contenere la pasta. Solitamente è sempre meglio usarne due diversi, uno per lo stampo del gesso e l'altro per il vero e proprio contenitore (questo perchè il contenitore usato da stampo spesso si graffia e rovina). Una volta preso il contenitore si procede come segue:
In questo caso l'umidificazione del nido è realizzata mediante camera sul fondo (è sempre comunque consigliata una provetta nell'arena). Il nido è sollevato e poggia nell'acqua attraverso un piede centrale ricavato ponendo una lastra di polistirolo alla base del contenitore iprima della colatura del gesso. La lastra di polistirolo è bucata centralmente, così da creare un pezzo unico con il nido. Il riempimento avviene mediante un foro poco più in alto rispetto all' altezza massima di riempimento. Purtroppo questo sistema di umidificazione ha lo svantaggio di rendere molto morbido il formicaio...quindi più facilmente scavabile. Non va quindi bene per specie che amano il secco e che facilmente scavano (come Messor, Crematogaster scutellaris, ecc...). Per queste specie è meglio toglierlo e sostituire il piede con uno spessore in plastica (così da sfruttare solo l'acqua che evapora dal serbatoio). Va invece bene per specie da sottobosco, come le Myrmica rubra che amano l'umidità e non scavano molto. Per le altre specie si può usare uno spessore in gasbeton di dimensioni più o meno grandi in funzione della quantità di umidità che vorremo far passare. Più è grande il pezzo di gasbeton, più rapidamente verrà umidificato il nido e con maggiore quantità di acqua. L'arena si può arredare a piacimento. In fase di colatura si possono anche eseguire "rilievi" così da rendere l'arena più naturale. La parte in gesso è di circa 18 cm. Vari lati:
Il vantaggio di questi blocchi è la facilità di lavorazione. Si scava, si taglia e si fresa con strumenti alla portata di tutti. Basta un cacciavite, o un coltellino, o qualsiasi altro oggetto adatto per incidere una galleria. Certo è preferibile utilizzare uno strumento elettrico quando si devono mettere in opera nidi di una certa dimensione e con stanze ampie, ma con un normale trapano si scava un intero blocco (misura massima cm 60 x 25, x 8 cm di spessore) in maniera eccellente in poche ore di lavoro. A questo punto non mi soffermerei tanto su come eseguire il lavoro manuale in quanto tale. È ovvio che la fantasia della planimetria del nostro formicaio ideale è soggettiva, e possiamo decidere quante gallerie e stanze vorremo realizzare anche a seconda delle dimensioni del blocco che utilizzeremo. Ma prima di armarci di ruspe e di metterci a scavare, sarà bene tracciare a matita la pianta e tenere d’occhio alcune regole fondamentali che devono essere considerate nell’uso di questo materiale. Uno dei difetti dell'ytong è la tendenza, nel tempo, a trasudare sostanze bianche che non devono essere scambiate per muffe. Si tratta di sali minerali che si formano per le differenti condizioni interne del nido, come sbalzi di umidità e rapide asciugature. Di solito la colorazione della superficie limita queste essudazioni, ma alla lunga finiranno per apparire. Sembra che queste si formino comunque solo sulle superfici esposte all'aria, quasi mai all'interno. Per ovviare a questo problema si possono schermare le superfici con plexiglass, cosa che limita anche i rischi di fuga in caso di scavo. Il dubbio in questo caso è che il gasbeton non traspiri più come dovrebbe, ma diverse esperienze testimoniano che, sia la colorazione (anche interna delle stanze), che l'inserimento in una "scatola” di vetro, non creano problemi, a patto di lasciare almeno una superficie libera (di solito la parte superiore, dove può appoggiare l'arena, e la parte inferiore, appoggiata in una bacinella di umidificazione). Altra cosa molto importante: dopo qualsiasi operazione di scavo del nido, BISOGNA ASSOLUTAMENTE LAVARE BENE IL BLOCCO, anche più volte, per evitare la finissima polvere che si deposita durante il lavoro. Questa polverina invisibile e impalpabile può danneggiare seriamente gli abitanti, se l'operazione non viene eseguita a dovere: potrebbe soffocare le formiche chiudendo i pori respiratori in pochi giorni. Nei nidi verticali la capacità capillare di pompare l'acqua dal basso verso l'alto è notevole, consentendo alle formiche di poter accedere a tutte le possibili condizioni ideali, da molto umido ad asciutto, ma va tenuto presente che tutto dipenderà dalla superficie stessa del nido, dalla quantità di gasbeton immerso in acqua e dall'umidità stessa della stanza in cui lo teniamo. D'estate, come è intuibile, l'ytong asciuga più in fretta, più è grande la superficie scoperta del nido. Nei nidi a pianta orizzontale, l'irrigazione a vasca porterebbe l'umidità distribuita su tutta la superficie del nido, col rischio di bagnare le stanze se aumentiamo troppo l'apporto d'acqua; questo dipende anche dallo spessore del blocco: può anche essere sottile (8 cm), e 2 cm d'acqua con gallerie profonde 2 si potrebbero allagare, danneggiando la covata. Sarà in quel caso necessario studiare un sistema valido per far arrivare l'acqua in parti localizzate usando vasche-serbatoio o irrigazioni mirate, oppure usare spessori maggiori (in commercio ci sono blocchi spessi 8-10-12-20 cm) e fare le stanze meno profonde (massimo 1 cm), che con specie piccole andrebbero comunque bene. Trovo che il gasbeton si adatti bene a molti tipi di formica, mentre è menoo adatto a specie più piccole, come Tetramorium, Plagiolepis, Crematogaster (lo bucherebbero come burro) o Pheidole pallidula; queste, oltre che essere perfettamente in grado di minare il materiale, potrebbero rischiare di perdere parte della covata nei minuscoli forellini del gasbeton, e i loro eventuali tentativi di scavo sarebbero meno evidenti, prendendoci di sorpresa. Certo, con alcuni accorgimenti, il rischio delle fughe sarebbe evitato o limitato per lunghissimi periodi, come lasciare un ampio spazio fra il bordo estremo delle gallerie e il limite dell’area coperta dal vetro, che rallenterebbero gli scavi. Molte formiche potrebbero benissimo vivere nell’ytong grazie alla propria adattabilità, ma ci sono formiche più selettive, come alcune specie del genere Camponotus, che pur potendo sopravvivere, non sarebbero mai completamente a loro agio. Formiche che si adattano bene nel gasbeton sono ad esempio Messor, Formica (F. cinerea, F. fusca, F. rufibarbis, F. cunicularia, F. sanguinea…), Cataglyphis, Myrmica (per le quali è bene prevedere un dosaggio di umidità continua e abbondante), ma anche formiche del Genere Lasius, benché appartengano al novero di quelle un po’ piccole e il limite, a mio parere, resta lo stesso problema citato per le Tetramorium. E' ideale per Camponotus terricole come C. piceus, C. nylanderi, C. barbaricus, C. cruentatus. Anche Camponotus vagus si adatta bene al gasbeton, essendo più elastica delle consorelle maggiori (ligniperda, herculeanus, per le quali è preferibile il legno). Non possiamo fare una lista completa, anche perché alcuni allevatori magari si sono trovati ugualmente bene col gasbeton anche con specie normalmente ritenute refrattarie (ma è più un pregio dell'adattabilità delle colonie). Alcune delle nostre formiche, anche se potenzialmente in grado di forare il materiale, non lo fanno mai (ad esempio Formica e Lasius), mentre Messor e Camponotus vagus lo faranno appena possibile. Dovremo quindi metterle nella condizione di avere spazi sufficienti per gestire la colonia, così non saranno stimolate a farlo da subito.
A tutti coloro che utilizzeranno grandi nidi per colonie mature di Messor, sappiate che il gasbeton verrà attaccato, anche se ci metteranno molto tempo, e naturalmente solo quando il nido non corrisponderà più alle loro esigenze (la velocità di scavo può essere di 2 cm forati in 4 mesi). Per mia esperienza diretta, le minatrici lavorano quasi SEMPRE nell'angolo estremo più basso della struttura (sinistra o destra non importa), probabilmente dove sentono più forte la presenza di umidità, se il sistema di umidificazione è a bacinella. Consiglio di prevedere anzitempo, durante la costruzione, questo difetto: basterà costruire le gallerie più basse a campana rovesciata, cioè evitando angoli morti sui bordi, oppure lasciando maggiore spessore protettivo di vetro libero, sui lati estremi, in basso. Si suppone che la colorazione interna delle stanze limiti i loro tentativi, ma non è che una teoria da comprovare. L'unico sistema davvero sicuro, come già scritto, rimane racchiudere il blocco in una scatola di plexiglas. Bisogna tenere sempre presente che il gasbeton asciuga più rapidamente del gesso, anche se in condizioni normali in realtà, anche se noi non ce ne rendiamo conto, all'interno mantiene l'umido per alcuni giorni. Il sistema di umidificazione, salvo per il genere Messor, che è in grado di sopportare più a lungo periodi di siccità, deve essere efficiente. Il metodo più facile e comune è usare una bacinella su misura in cui tenere a bagno il nido, mantenendo sempre uno, due cm d’acqua. Alcuni allevatori prevedono una vasca, o un foro (o più) che attraversano il blocco in punti strategici, e che permettono di raccogliere saltuariamente una razione di acqua. L'umidificazione in questo caso risulta limitata a poche stanze, cosa sufficiente con formiche particolarmente amanti dei nidi secchi. Per migliorare la vista del blocco, si può dare una colorazione che renda questo materiale, di per sé un po' grigio e freddo, più simile a una sostanza naturale. Questa pratica, rende solo difficile capire quando il blocco ha assorbito acqua (che sarà più scuro nella parte bagnata), o sta asciugando troppo. I colori da usare devono essere il più possibile naturali (acrilici, tempere, spray) o a base di acqua. Abbiamo sperimentato gli spray della Duplicolor (acrilici) e l'unico accorgimento consigliato è di lasciar passare qualche tempo (almeno 24 ore, meglio un paio di giorni) prima di chiudere il nido e usarlo, giusto per far sparire l'odore persistente di vernice. A prescindere dalla marca, è consigliabile scegliere colori che contrastino con le formiche: evitare per le stanze interne colori troppo scuri. Ovviamente i colori scuri rendono più visibile la covata, e meno evidenti le operaie, e viceversa! Come col gesso, anche l’ytong si presta a nidi a doppia facciata, che raddoppiano l’area abitabile; occorre mettere in guardia sull'insorgere di possibili controindicazioni, che però sarebbero comuni anche in nidi di gesso: formiche che raccolgono i semi come Messor, potrebbero avere dei problemi. Infatti una delle due facciate sarà più calda dell’altra (cosa normale) e il vetro tenderà a creare condensa, cosa che rischierà di far germogliare i semi accumulati, o di farli marcire. Valutate sempre questa possibilità e limitate i nidi a due facciate per colonie davvero popolose, in grado di tenere in movimento il raccolto e di espellere i semi danneggiati. Infatti se il nido è troppo vasto rispetto alle esigenze dalla colonia, le formiche si limiteranno ad abbandonare il raccolto perduto nelle stanze e tutto marcirà rendendo i vetri opachi e le stanze alla lunga inutilizzabili. Un altro consiglio è necessario prima di iniziare i lavori: essendo il gasbeton un materiale venduto a poco prezzo in blocchi abbastanza grandi, un errore comune che si può fare se si è neofiti, è di progettare un grandioso nido con immense stanze, gallerie lunghe ed enormi, che spaziano su tutta la superficie. Attenzione! Le formiche creano colonie che istintivamente si trincerano in luoghi angusti e capaci di dare la sensazioni di essere protetti: è comune vedere la colonia accumulare detriti vari a mo’ di imbottitura in ogni fessura delle camere abitate; l’istinto a trincerarsi è innato, soprattutto nelle colonie incipienti. È perfettamente inutile costruire un nido di 60 cm x 25 che alle formiche occorreranno anni per colonizzare. Tagliate piuttosto una porzione del blocco, e usate la sezione più piccola per scavare, utilizzando vari formati man mano che la colonia crescerà. È suggerito in diversi diari il consiglio di prevedere dei blocchi di terra, o altro materiale scavabile dalle formiche, che faccia da barriera a diverse sezioni del nido: man mano che la colonia cresce, le formiche tenderanno a cercare di allargare gli spazi vivibili, andando ad intaccare le pareti più cedevoli ( i nostri “tappi”) che permetteranno loro di accedere alla nuova sezione. Tenete presente che con molte specie questo è superfluo o difficilmente applicabile; con Messor, Camponotus e Formica, ma anche con altre specie piccole, le esploratrici vanno a scavare in ogni caso per cui i tappi sono rimossi prima del tempo. Per contro, in nidi troppo grandi per la colonia, se le operaie hanno materiale adatto a disposizione, sono capaci di barricarsi da sole in poco spazio, rendendo superfluo il nostro suggerimento. Nello scavo del nucleo del nido, è altresì importante concentrarsi sul tipo di formica che vorremo metterci, per regolarci con le dimensioni, la profondità delle stanze, e il diametro minimo delle gallerie di collegamento. Anche qui come in altri materiali, è bene prevedere almeno due uscite: una all’arena, l’altra per eventuali raccordi con altri ambienti, o per collegare una provetta con acqua, o provviste liquide. Le gallerie non dovranno essere eccessivamente profonde nel blocco: le formiche tenderanno a rintanarsi più lontano possibile dalla luce, e perderemmo parte della visibilità che rende questo tipo di nido ideale a fotografare situazioni o ad osservare semplicemente la colonia. Inutile anche fare stanze lontane le une dalle altre: meglio sfruttare l’area scavabile nel modo migliore possibile, altrimenti tanto valeva usare il blocco da 60 cm facendo solo 3 o 4 stanze lontanissime. Ricordiamo che una volta installata la colonia, non sarà più possibile apportare correzioni. Allego un paio di foto adatte a suggerire un modo ideale per sfruttare bene la superficie: alle formiche non interessa quanto sottili siano i diaframmi fra una galleria e l’altra. Lo spazio che perderemo, lasciando anche 3 cm di bordo antifuga oltre l’area abitabile, possiamo recuperarlo così, oppure creando ballatoi interni alle stanze, per aumentare i ripiani orizzontali vivibili. Questi ovviamente sono accorgimenti ideali per chi ha già una grossa colonia sviluppata, e debba gestire al meglio lo spazio-nido. Per chi progetta un nido di accrescimento per una piccola colonia incipiente, sarà sufficiente armarsi di un po’ di fantasia e cercare di fare un lavoro più funzionale possibile: si impara soprattutto dai propri errori… Buon lavoro! PS: Trovate la descrizione di costruzione di un nido in gasbeton a due facciate per colonie popolose su: http://www.formicarium.it/forum/viewtopic.php?f=13&t=331&start=120 La vita di un nido di gasbeton dipenderà dal tipo di formica che ci vive e dalla quantità di formiche della colonia. Messor ad esempio sporca facilmente l'interno e tende a rovinarne la visibilità. Uno-due anni di utilizzo intenso rendono un blocco quasi inservibile. Ma questo permette di volta in volta miglioramenti nel disegno delle stanze e rettifiche di progetto. L'ideale è che il nido cresca insieme alla colonia che ci deve vivere. Per questo i nidi delle colonie giovani sono detti comunemente nidi di accrescimento. In questo blocco di 62 cm x 25, ospito una colonia di alcune migliaia di Messor capitatus. La profondità delle stanze è al massimo di 3 cm. Se le stesse fossero anche con un soffitto basso, la visibilità sarebbe compromessa. Ho risolto creando piani intermedi all'interno delle stanze più grandi. Potete notare che non ci sono spazi sprecati nell'area dello scavo: l'abitabilità è massima, e nonostante questo ho un'area di sicurezza esterna di almeno 3 cm. Si può vedere il particolare delle "mensole” interne alle stanze, che permettono una buona vista anche sul fondo delle gallerie più profonde. Per fissare il vetro (consigliabile rispetto al plexiglas, perché non si riga e ingiallisce col tempo) ho utilizzato semplici tasselli angolari, fissati con viti nelle facciate laterali. La costruzione di un formicaio in galle può essere una facile ed economica soluzione se si vuole ricreare un ambiente il più possibile naturale per alcune specie arboricole. Le galle sono strutture legnose che si formano nelle piante a seguito di parassitosi varie e una volta che i giovani parassiti fuoriescono dalla loro “nursery”, possono essere usate come riparo da un grande numero di artropodi. Durante la raccolta è possibile trovarvi all’interno regine in fondazione o colonie ad uno stato più o meno avanzato.
Galla di Andricus kollari La mirmecofauna delle galle è abbastanza limitata: Temnothorax sp., Leptothorax sp, Camponotus truncatus, Camponotus lateralis, Camponotus fallax, Dolichoderus quadripunctatus, Crematogaster scutellaris. L’utilizzo di un formicaio in galle è però altamente sconsigliato per alcune di queste specie, come Camponotus lateralis, Camponotus fallax e Crematogaster scutellaris, vista la loro prolificità che renderà necessario un aumento sconsiderato del numero di galle.
Aprire una galla: incidere leggermente la galla con un piccolo coltello e utilizzarlo come leva per aprire in due semisfere la galla. Contenitore: Come prima cosa è bene cercare un contenitore trasparente che presenti le dimensioni giuste per la specie che vorremo inserire. Alcune infatti, come quelle del genere Temnothorax non richiedono grandi spazi. Prima di attaccarle alle pareti va creato (nel caso non sia presente) un piccolo foro per permettere l’ingresso delle formiche. Deve essere molto piccolo (giusto per permettere l’ingresso della regina), così da non stressare le inquiline.
Galla con Camponotus truncatus Numero di galle: Come accennato prima dobbiamo valutare in base alla specie le dimensioni del contenitore e il numero delle galle da utilizzare. Le formiche del genere Temnothorax necessitano del minor spazio, 3 galle possono essere più che sufficienti, mentre per le altre è necessario un numero superiore. Può essere utile l’uso di una piccola galla così che venga utilizzata inizialmente dalla colonia ancora giovane (per favorire l’ingresso e tranquillizzare le inquiline durante i primi giorni è bene oscurare la galla con un foglio di carta scuro posizionandolo esternamente al contenitore). Decorazioni: Terminata l’applicazione delle galle è consigliata l’aggiunta di piccoli legni così da migliorarne l’estetica e la superficie di movimento delle formiche.
Fig. 1 Fig. 2
Acqua: le formiche arboricole non necessitano di umidità interna al formicaio, ma è bene inserire una provetta che funga da abbeveratoio. Basterà preparare una provetta con le stesso metodo utilizzato per le provette da fondazione riempiendola solo d’acqua senza lasciare spazio per la colonia.
Qui di seguito alcune foto del formicaio che ora contiene la piccola colonia di Camponotus truncatus mostrata precedentemente:
Visione anteriore Visione posteriore
Vista dall’alto senza supporto Vista dall’alto con supporto
Ultimo aggiornamento (Venerdì 14 Marzo 2014 11:26) Prima di scegliere questo tipo di formicaio, di cui esistono anche modelli in vendita, che possono tentare i principianti, è bene sapere che su formicarium sconsigliamo la scelta di questo modello per i motivi che sono riportati anche nelle istruzioni sotto, ma che sarà bene ribadire fin dall'inizio. Questo genere di formicaio era in uso all'alba dell'osservazione scientifica delle formiche, perché non c'erano molte alternative; molti sono attratti da questa soluzione perché desiderano "vedere le formiche scavare”. Sarà bene ribadire subito che le formiche non scavano mai come ci aspettiamo da loro, e la possibilità di manipolare il materiale del nido permette loro di occultarsi facilmente, cos che scelgono di fare quasi sempre. Ridurre gli spazi fra le lastre creerà solo nuovi problemi di gestione dello spazio vitale, difficoltà di areazione, complicazioni con l'umidità, e la difficoltà di accedere all'interno per effettuare qualsiasi opera di manutenzione o prelievo di campioni. Inoltre è difficile traslocare le formiche in un secondo tempo. Ribadisco quindi che il modello a lastre affiancate è qui inserito solo perché vogliamo dare una visione completa dei vari modelli di formicaio artificiale che sono stati sperimentati. Scegliete con cura il tipo di formicaio in base alla formica che ci metterete a vivere dentro, e non viceversa! E ricordate che è più importante avere una buona visibilità interna, con materiale traspirante, e che sia ben gestibile nel tempo. (cliccare sull'immagine per ingrandirla) Il formicaio artificiale verticale a lastre è uno dei primi modelli usati per l’osservazione sistematica delle formiche, ed è ancora oggi scelto da alcuni allevatori per semplicità di costruzione e scarso ingombro, oltre che per essere l'unico sistema per “vedere scavare le formiche” in modo naturale. La variante originale di questo modello è il nido di Lubbock, che consisteva in due lastre parallele, distanziate di circa 1 cm, fissate ad una cornice di legno. Nella cornice erano praticati dei fori in cui erano introdotti i tubi che servivano da passaggio verso l’esterno per le formiche. Oggi come cornice per questo tipo di formicaio si usano materiali come plastica, metallo o plexiglas, che evitano il problema di scollamento o deformazione causate dall’umidità interna del terreno del nido. Di questo modello esistono in commercio nidi di tutte le misure, l’unica difficoltà per costruirselo a casa è data dalla scelta dei materiali che costituiscono la cornice e dalla saldatura delle parti di contenimento in modo che sia più ermetico possibile. Se si usano materiali come il plexiglas, che necessitano colle al silicone, è necessario lasciar passare una decina di giorni dall’asciugatura perché le formiche non siano infastidite dalle esalazioni. La distanza di 1 cm potrebbe non essere sufficiente a permettere una corretta visione dell’interno, in quanto formiche molto piccole, come Tetramorium, Lasius o Pheidole, hanno la possibilità di nascondersi facilmente in tale spazio; inoltre, avendone la possibilità, tutte le formiche che hanno a disposizione della terra tendono a mascherare l’interno delle gallerie e a schermare il vetro. Proprio per questo devo sottolineare che adottando questo modello è molto facile che si possa perdere la visione ottimale di quello che avviene nella colonia! Se lo scopo è di tenere in casa una colonia e vedere le formiche attraverso il vetro, che scavano i loro cunicoli, è necessario giocare con distanze minime fra le lastre, e questo già pregiudica lo spazio-arena superiore, dove comunque le operaie porteranno il materiale avanzato. L'accesso all'arena quindi si fa difficile, la pulizia quasi impossibile e non sempre il finale è esteticamente quello che vi aspettavate! Se invece lo scopo è di poter osservare agevolmente la vita di questi insetti (la parte interessante di avere un formicaio in casa), o lo studio scientifico, consiglio di ripiegare su altri modelli di formicaio artificiale. Forniamo comunque le indicazioni necessarie alla sua realizzazione. Questo modello è utilizzabile per formiche terricole di taglia medio-grande, come Camponotus aetyops, C. cruentatus e C. piceus, le Formica, per il genere Myrmica e per Messor, anche se l'umidità del terreno, difficile da gestire, rischia di far germogliare i semi loro alimento, con conseguenze fastidiose. L'ideale sarebbe far condensare e compattare con l'umidità il terreno, poi lasciare che asciughi, in modo da avere un substrato ben coeso ed esente da crolli in caso di vibrazioni. tenete conto del fatto che il limite dello spazio circoscritto rende più difficile far asciugare il composto utilizzato. Sconsiglio il nido a lastre affiancate per formiche piccole come quelle del Genere Lasius, Tetramorium o Pheidole, che andrebbero a scomparire facilmente nel terreno. Il materiale di base del nido scavabile è preferibilmente la sabbia argillosa a grana grossa, che è più compatta dell’humus e si presta meno a crolli. Si possono mescolare sabbie e humus, sabbia e argilla, miscelando anche ghiaia sottilissima con il materiale fine di base. Questo materiale deve assorbire bene l'acqua, senza però trattenerla troppo, per evitare il rischio di ristagni, la formazione di muffe e il marciume causato da prede portate nel nido. Alla base è consigliato mettere materiale grezzo assorbente come le palline di argilla espansa che si usano anche nei vasi di fiori per trattenere l'umidità. Qui servono a formare uno zoccolo che raccolga l'acqua sul lungo periodo, senza trasformarsi in fango liquido. Lasciate sempre una certa distanza al di sopra del livello di terreno, che le formiche useranno per il riporto degli scavi; prevedete di conseguenza il punto ideale dove fare i fori di collegamento, che altrimenti verranno coperti dalle formiche e ignorati. Prestate attenzione particolare alle giunzioni della cornice di contenimento, come alla larghezza del piedistallo, che deve garantire l’equilibrio della struttura. Si possono usare sia delle superfici larghe incollate, come 4 piedini angolari a “L”. Il collegamento ad un’arena esterna è sempre raccomandabile tramite tubi flessibili abbastanza lunghi da permettere un’inclinazione ridotta, dato che l’altezza della struttura potrebbe rendere disagevole il rientro delle formiche attraverso un tubo troppo verticale, se il materiale è molto liscio. Come abbiamo detto, la chiusura ermetica e la larghezza di questo nido rendono difficile accedere all’interno; possono esserci rischi di condensa eccessiva e prolungata se non si prevede la facilità di apertura della parte superiore, come la possibilità di poter umidificare il terreno quando troppo asciutto. Versare acqua dall'alto potrebbe causare crolli indesiderati, o allagare la covata, che in ambiente artificiale così castigato, non reagirebbe come in natura! Un tubo, o un foro apribile che permetta di umidificare la parte bassa del nido, dove avrete posato lo strato di argilla espansa, è consigliabile per ovviare questi problemi. E prima di mettere la vostra miscela di humus, sabbia, o argilla nel nido, fate una prova di come reagisce all'umido e all'asciutto! POI, ci metterete le formiche! Ultimo aggiornamento (Lunedì 16 Aprile 2018 20:24) Come dice il termine, un antifuga è un elemento/sostanza che serve ad evitare che le nostre formiche escano dalle loro arene e formicai…per disperdersi nell’ambiente circostante. Una delle maggiori preoccupazioni di un allevatore di formiche è, infatti, il ritrovarsi la casa invasa da questi simpatici insettini. Gli antifuga si sono evoluti nel corso degli anni, passando dalle semplici reti e coperchi a sostanza chimiche repellenti di vario genere. Va sottolineato che un antifuga ha validità soprattutto quando la colonia è tranquilla. Se le operaie sono agitate (perché spaventate, stressate, ecc…) possono anche, in un gesto di disperazione estremo, riuscire a superare qualunque tipo di antifuga. Di seguito verrà fatta una carrellata dei principali e più diffusi sistemi di antifuga cercando, per ognuno, di elencare pro e contro. Coperchio a rete: E’ stato uno dei primi sistemi antifuga utilizzati. La rete può essere sia morbida (nylon, tela ecc…) che rigida (metallo, plastica ecc…). La rete può essere fissata sulla superficie dell’arena. Coperchio rigido forato: Sfrutta lo stesso principio del coperchio a rete. La differenza consiste nel fatto che, al posto della rete, si utilizza un coperchio precedentemente forato (con fori del diametro di uno spillo o anche di diversi cm). Nei coperchi in gomma il foro è semplice da fare. Basta usare un paio di forbici o una lama. Per quelli di plastica rigida, invece, si può usare una lama scaldata in precedenza su una fiamma o un trapano. Per quelli di metallo si usa il trapano, mentre i coperchi in vetro richiedono strumenti professionali (come le punte di diamante per trapano) e conoscenza di tecniche specifiche. Oltre agli svantaggi descritti in precedenza per i coperchi a rete, un coperchio rigido limita di molto la circolazione ed il ricambio di aria, generando un ambiente umido in cui è più facile la proliferazione di funghi e batteri. In particolari condizioni, ad esempio in caso la colonia resti incustodita per lungo tempo e si abbia la necessità di mantenere il nido più umido cos’ da evitare la disidratazione della colonia, il coperchio rigido offre un notevole vantaggio. Fossato d’acqua: Consiste nell’utilizzare l’acqua come vera e propria barriera invalicabile. Sfrutta il principio dei fossati dei castelli medioevali usati per isolare il castello dall’attacco di eventuali nemici. La tecnica consiste nel porre il formicaio e/o l’arena al centro di un contenitore pieno d’acqua. Per sollevare il formicaio/arena, si può usare un rialzo messo all’interno dell’acqua. E’ un metodo il più delle volte sicuro. Sono infatti poche le specie in grado di attraversare fossati colmi di acqua e, perlopiù sono esotiche. Il rischio maggiore è di trovare spesso operaie annegate perché incautamente avvicinatesi, vengono “risucchiate” dalla tensione superficiale dell’acqua. Inoltre è una metodologia di antifuga molto ingombrante.
Strato di talco: E’ un materiale che le formiche non apprezzano e da cui tendono a mantenere le distanze. Si può spargere sia sulle superfici verticali laterali dell’arena che su una bordatura costruita tagliando un enorme rettangolo centrale nel coperchio. (dopo il taglio) Si può solo spennellare il talco così com’è oppure si può unire un po’ di alcool per rendere il tutto un po’ liquido e successivamente spennellarlo sulle superfici. L’alcool evaporerà rapidamente, lasciando lo strato di talco. E’ un sistema di antifuga valido per molte delle specie di formiche. Semplice ed ecologico ha però lo svantaggio di perdere rapidamente di efficacia, soprattutto in ambienti umidi. Richiede quindi di essere rinnovato spesso. Strato di olio: E’ forse il metodo antifuga più usato. Consiste nello spargere con un pennello uno strato di olio sia sulle superfici verticali laterali dell’arena che sulla solita bordatura costruita tagliando un enorme rettangolo centrale nel coperchio (vedi foto sopra). Ha il vantaggio di costituire una barriera quasi invalicabile per le formiche, soprattutto se posta nella bordatura del coperchio (per una formica è impossibile camminare a testa in giù su una superficie oleata). Purtroppo ha lo svantaggio di tendere a colare (soprattutto con il caldo). Per ovviare a ciò, si può passare con un cotton fioc la superficie trattata così da togliere l’olio in eccesso…oppure si può unire del grasso di vaselina (acquistabile in ferramenta) così da rendere più denso il composto (facendo attenzione che non sia troppo denso altrimenti le formiche riusciranno a camminarci sopra). Inoltre è facile che soprattutto le operaie delle specie più piccole restino invischiate nell’olio (soprattutto se si usa olio liquido). Esistono numerose ricette al riguardo. Si può usare del semplice olio di vaselina (acquistabile in farmacia) o fare dei mix di diversi oli (il più diffuso ed efficace è un mix in parti uguali di olio di vaselina e olio per macchine da cucire). Hanno una buona durata nel tempo (anche diversi mesi), soprattutto se si aggiunge del grasso di vaselina. Antifuga venduti online: Sono sostanze sintetiche di sconosciuta composizione che creano una barriera invalicabile. Si utilizzano come gli oli, senza tuttavia presentare lo svantaggio di colate. Hanno una buona durata nel tempo. L’arena è l’ambiente esterno del nostro formicaio. Come per la costruzione del nido, il gusto personale e la scelta di diversi materiali fanno la differenza; più che per il nido, l’arena richiede la gestione oculata degli spazi, perché deve simulare il territorio dove le nostre formiche andranno a caccia e incontreranno eventuali prede. L’ACCESSO ALL'ARENA. Accesso diretto: come nel caso dei nidi di gesso di tipo 2, che incorporano nido e arena nello stesso elemento Accesso collegato tramite tubo diretto: dal blocco del nido, con arena a contatto, un tubo attraversa il materiale e sbuca lateralmente, o dal basso, affacciandosi direttamente nell’ambiente esterno Accesso con tubo lungo che sviluppa un percorso: dal nido esce un tubo preferibilmente flessibile, che fa percorrere alle formiche un tratto di strada regolabile, permettendo alle operaie di camminare più a lungo. L’arena è uno dei punti critici e più temuti dai profani per il contenimento delle formiche. Coperchio sigillato: è certo che niente uscirà! Coperchio con retina: esistono in commercio retine metalliche finissime. Non sono sempre e ovunque reperibili, non sempre sono abbastanza traspiranti, e in ogni caso le formiche vi si possono arrampicare e stazionare in attesa che voi apriate. Arene aperte: da tempo l’arena aperta è una realtà accettata e funzionale. Alcool e borotalco (il famoso talcool). Una mistura di talco e alcool viene spalmata sulla superficie alta dell’arena e l’alcool, evaporando, rende il talco abbastanza difficile da scalare e moderatamente repellente per molte formiche. Inconvenienti: a lungo andare lo strato si deteriora e va spalmato spesso, in rapporto alla qualità, alle superfici e al tipo di formica che tenterà di superarlo. Repellenti chimici in vendita: non sempre reperibili e relativamente costosi, ma di sicuro funzionamento. Repellente fatto in casa: il più classico e sperimentato con successo è il classico impasto “pasta di vaselina bianca e olio lubrificante”, quello per svitare, per oliare gli ingranaggi, quello minerale insomma! E’ stato scritto centinaia di volte in ogni articolo, diario, scheda, e ancora qualcuno ha il lampo di genio di usare olio d’oliva! Aggiungere anche un po’ d’aglio e peperoncino può dare risultati inaspettati: le formiche ringrazieranno!!! Non dimenticate di mescolarlo con della pasta ben al dente! ARENA BASE per provette o nidi di accrescimento NIDO CONTENUTO IN ARENA: Con formiche molto piccole e dalle limitate esigenze di spazio, si può considerare di inserire il nido direttamente in arena. E' il caso dell'esempio sotto, in cui Temnothorax può benissimo essere alloggiata in canne di bambù applicate al vetro dell'arena stessa in cui tutto sarà facilmente maneggiabile. Il substrato di ghiaia non crea problemi perché è basso, molto pesante per queste formiche, le quali comunque scelgono sempre di installarsi in dalle, bacche o rametti.
Ultimo aggiornamento (Domenica 14 Gennaio 2018 12:12) Ultimo aggiornamento (Domenica 14 Gennaio 2018 12:13) Dopo circa un anno di sperimentazione di nidi artificiali, dei vari materiali da usare per costruirli, dei pro e contro di ogni materiale e delle diverse condizioni ambientali che si riscontrano in cattività rispetto alla vita in natura, ho voluto realizzare un nido innovativo che rappresentasse un connubio tra estetica (l’occhio vuole la sua parte), funzionalità e naturalità. La cosa non è stata facile, poiché gli aspetti da tenere in considerazione sono molteplici, come la temperatura maggiore in un nido artificiale rispetto al suolo, la diversa tipologia di fornitura di acqua, la maggiore scavabilità di certi materiali, ecc… Questo nido che vi propongo è sicuramente molto più elaborato e difficile nella sua realizzazione…ma è anche quello che, sui dati teorici, risulta essere il più adatto per l’allevamento di quasi tutte le specie di formiche (eccetto quelle prettamente arboricole). Prima di descrivere le fasi di realizzazione del formicaio ibrido, bisogna fare un’introduzione generale. Partiamo dal principio e, cioè, dall’analisi dei maggiori pro e contro di ogni materiale solitamente impiegato per la realizzazione di formicai artificiali. I materiali più in voga sono: gesso, cemento e gasbeton. Gesso: Pro: ottima umidificazione e facilità di lavorazione che permette di giocare su forme e contenitori così da avere un nido “su misura”. Contro: facilmente scavabile (soprattutto se bagnato) e facilmente attaccabile da patogeni (muffe, funghi e batteri). Cemento: Pro: maggiore resistenza allo scavo e all’attacco di patogeni e possibilità di modellarlo al contenitore che si vuole usare. Contro: maggiore peso, pessima umidificazione, produzione di polvere bianca in seguito a migrazione di sali dall’interno all’esterno (quando si bagna il materiale) e formazione di crepare se umidificato eccessivamente. Gesso + cemento: Pro: maggiore resistenza allo scavo rispetto al solo uso di gesso, capacità di umidificazione maggiore rispetto al solo uso di cemento e maggiore resistenza a patogeni rispetto al solo gesso. Contro: formazione di patina bianca in conseguenza della migrazione di sali, maggiore peso rispetto al solo gesso e rischio di crepatura quando si bagna il composto. Gasbeton: Pro: ottima umidificazione, facilità di scavo dei cunicoli, buona resistenza all’attacco di patogeni e leggerezza. Contro: facilità di scavo, estetica artificiale tanto nei colori quanto nella forma (vengono venduti mattoni quasi bianchi che difficilmente si riesce a tagliare in modo preciso così da farli incastrare bene in contenitori chiusi e il colore chiaro fa vedere male uova e larve). Le differenze tra natura e cattività sono enormi. Anzitutto pensiamo agli equilibri che si creano nella terra tra proliferazione di funghi, batteri, muffe e acidità della terra, organismi pascolatori ecc. Questo equilibrio è difficilmente riproducibile in cattività, se non con l’impiego di organismi pascolatori facilmente allevabili (come copepodi) e l’utilizzo di sostanze acide nella realizzazione e umidificazione dei formicai (ma l’effetto sulle formiche è ancora da accertare). Inoltre temperatura ed umidità sono molto differenti. In natura, quando fa molto caldo e la terra diventa secca, le formiche si spostano in profondità scavando tunnel in perpendicolare così da trovare terra umida e temperature più basse. In cattività questo solitamente non accade e la temperatura resta solitamente uguale a quella esterna in tutto il nido. Tali temperature portano ad una maggiore secchezza del nido artificiale che, spesso, sfocia in morie generali in conseguenza di una forte disidratazione delle formiche stesse. Detto questo partiamo con la descrizione del nido “ibrido”. Lo definisco ibrido poiché è il frutto dell’unione dei 3 materiali principali (gesso, cemento e gasbeton)…cercando di sfruttare al meglio i pro di ognuno e isolare e limitare il più possibile i vari contro. Il principio che ho seguito è stato quello di sfruttare la plasticità e la robustezza del composto gesso/cemento per creare un blocco formicaio e sfruttanre la capacità di umidificazione del gasbeton. Come prima cosa ho realizzato il contenitore nel quale fare successivamente la colata del composto gesso/cemento. Ho quindi costruito una scatola in legno con le pareti apribili…così da non avere problemi nell’estrazione del blocco di gesso/cemento. Nel valutare la dimensione ho tenuto la cassa di legno più grande di 0,5 cm rispetto al vetro di copertura del formicaio, così che quest’ultimo si incastrasse in una scalanatura creatasi in fase di gettata. Per non rischiare di rovinare il vetro del formicaio, ho tagliato un pezzo di plexiglas delle precise dimensioni del vetro del formicaio. Come vetro, per maggiore facilità di reperimento ed economicità, ho usato un vetro “cornice a vista” di 25x35 cm venduto in qualunque supermercato (ci sono di molte misure). E’ un vetro sottile, quindi bisogna stare attenti. A questo punto ho preparato la pasta al sale con cui ho realizzato camere e cumicoli di collegamento sopra alla lastra di plaxiglas. La ricetta che io uso è: -Sale: 1 parte; - Farina: 1 parte; - Acqua: ½ parte; In caso il composto venga troppo umido, si può aggiungere un po’ di farina. Successivamente ho posto il plexiglass all’’interno della cassa e chiuso i lati. A questo punto ho realizzato dei parallelepipedi di gasbeton. Successivamente ho verniciato tutti i lati eccetto uno dei lati lunghi. Questo serve a creare un’ impermeabilizzazione del gasbeton così da non cedere acqua al blocco di gesso/cemento. Quindi ho creato un buco in uno dei lati più piccoli. Per assecondare l’istinto naturale delle formiche di cercare l’umido in profondità, ho posto i parallelepipedi come base nell’ultima (o nelle ultime) stanze del formicaio. In questa maniera, per evaporazione, si creeranno anche gradienti di umidificazione diversa dell’aria lungo le stanze superiori. Nei fori realizzati ho inserito dei tubi di gomma da aeratore (li si trova nei negozi di acquari) ed ho fatto uscire il tubo principale da un foro realizzato nella cassa di legno. A questo punto ho preparato il composto cemento/gesso (solitamente faccio 1 parte di gesso e 1 parte di cemento), colorando l’acqua della gettata con ossidi colorati (si trovano nei colorifici). Una volta solidificato il blocco, i tubi di collegamento dei parallelepipedi di gasbeton restano all’interno del blocco (quindi invisibili), mentre i parallelepipedi stessi risultano completamente inseriti nel blocco e vanno a costituire la pavimentazione delle ultime stanze del formicaio. Per rendere questa pavimentazione più naturale, con un coltellino la si lavora…così da fargli perdere l’aspetto dritto e preciso che ha naturalmente la lastra di gasbeton. Una volta ottenuta la placca formicaio e aver tolto la pasta al sale, ho verniciato le parti del formicaio non a contatto con le formiche. Questo per un fattore estetico e di maggiore protezione della placca dall’umidità ambientale. Come piede del formicaio ho usato un’ascia di legno scuro su cui ho fissato il formicaio mediante delle viti. Ho quindi posto l’arena sopra il formicaio attaccando anche questa con delle viti. L’arena è costituita semplicemente da una scatola di plastica trasparente. Il tubo di umidificazione è stato fissato ad un serbatoio esterno collocato sul lato del formicaio (o dietro). (in questo caso ho usato un tubo di maggiori dimensioni) Per creare un effetto il più naturale possibile, ho rivestito la parte interna delle stanze con un sottilissimo strato di argilla (pura argilla modenese…praticamente la terra, da noi, è così) lasciata successivamente solidificare al sole (diventa dura come roccia). Successivamente ho inserito dei frammenti di muschio essiccato che tende a creare un effetto naturale molto bello e, anche se bagnato, non forma facilmente muffe. Il vetro si incastra perfettamente nella placca. Per maggiore sicurezza ed evitare antiestetiche cerniere di metallo, ho fissato il vetro con pezzetti di un potente nastro adesivo successivamente verniciato del colore della placca…così da renderlo quasi invisibile. Il principio di questo formicaio è quello di un blocco di gesso/cemento (facilmente lavorabile come uno vuole) protetto dall’umidificazione. Quest’ultima, infatti, sfrutta la capacità del gasbeton di umidificarsi. Le formiche avranno le stanze inferiori con un pavimento molto bagnato (e dal quale potranno bere e su cui potranno appoggiare uova e larve che richiedono maggiore umidità) e stanze superiori più secche in cui stazioneranno la maggior parte delle operaie, terranno il cibo e le pupe (che vogliono meno umidità). Il blocco, non bagnandosi direttamente, si conserva integro e più duro allo scavo. Se anche qualche specie riuscisse a bucare il gasbeton, comunque resterebbe all’interno del formicaio stesso…e la quantità di materiale scavabile è minima (semplicemente qualche cm dei parallelepipedi). Ultimo aggiornamento (Sabato 16 Agosto 2014 14:41) Ecco un piccolo, facile ed economico formicaio da usare per specie arboricole. Questi formicai sono piccoli (12x8 cm e 19x10 cm) poichè li ho realizzati rispettivamente per l'accrescimento di una colonia di Camponotus truncatus e Temnothorax unifasciatus. Entrambe sono specie che creano colonie poco numerose, quindi formicai piccoli sono più che adatti. La realizzazione di ogni formicaio ha richiesto non più di un'oretta di lavoro e con meno di 10 euro di spesa. Il materiale occorrente è il seguente: - 2 lastre di plexiglass (stessa larghezza ma una più lunga ed una più corta); - Pezzo di sughero di 0,5 mm di spessore (per le specie più grosse è meglio usare quello da 1 cm) delle dimensioni della lastra più piccola di plexiglass; - Vaschetta arena in plastica (più o meno delle dimensioni della differenza tra le due lastre di plexiglass); - Tubo da areatore per acquari; - 4 dadi e bulloni; - Utensili vari (cacciavite, forbici, accendino e scalpello per legno);
Scavare, usando uno scalpellino per legno o una forbice, il pezzo di sughero, così da creare stanze e corridoi di collegamento. A questo punto unire la piastra più lunga e quella più corta mettendo al centro il pezzo di sughero. Usare un pezzettino di tubo da areatore come tubo di congiunzione tra il formicaio e l'arena. Usare quindi le viti per fissare il tutto. Praticare un piccolo foro vicino la base dell'arena così da farci passare una parte del tubo per areatore inserito nel formicaio. Unire quindi l'arena incollandola sulla piastra di plexiglass più lunga o fissandola con dadi e bulloni. Ecco uno dei formicai con la colonia di Camponotus truncatus. Le specie arboricole vivono il più delle volte in ambienti molto secchi. Non necessitano, quindi, di umidificazione interna del formicaio (che rischierebbe di creare funghi e batteri sul sughero). Basta quindi lasciare una buona riserva di acqua in arena. Ultimo aggiornamento (Domenica 20 Luglio 2014 14:34) La costruzione di un formicaio di legno esteticamente più bella, e più al sicuro dalle fughe, è quella realizzata scavando in un pannello di legno massiccio. Ancor più dei modelli in gasbeton e gesso, il legno si adatta a strutture verticali che, più sottili e leggere, richiedono però una base stabile per essere mantenute in equilibrio. Questo piedistallo può essere realizzato con lo stesso tipo di legno della struttura, o in qualsiasi altro materiale che si possa incollare, agganciare, o saldare al legno. Sperimentare le tecniche, deciderne il disegno, e scontrarsi così con i primi rudimenti dello scavo di questi modelli è possibile già con materiali facili quali i fogli di sughero. Questo legno, così morbido, è lavorabile anche con attrezzi alla portata di tutti, come un Dremel armato di punte adatte. I nidi nel sughero sono adattissimi a specie arboricole come Camponotus lateralis, Colobopsis truncatus o formiche del Gruppo Temnothorax, che sono piccole e relativamente in grado di perforarne il supporto. E’ consigliabile anche se non indispensabile, procurarsi un foglio di sughero il più spesso possibile; fogli troppo sottili, o i fogli sottili incollati (anche a pressione) fra di loro, possono riservare problemi, in quanto certe formiche sono abili a sfruttare i punti deboli delle tavole, e in alcuni casi potrebbero approfittare di gradini o scollamenti per attaccarsi con le tenaglie e cominciare a minare lì la struttura. Ma i grandi nidi per formiche carpentiere, scavati in legni più duri, richiederanno l’opera di un artigiano o di attrezzature non sempre alla portata di un normale utente. Il lavoro necessario a scavare grandi nidi per colonie popolose o formiche aggressive come Camponotus vagus, necessitano ore di lavoro, oppure l’intervento di frese professionali, o meglio ancora, l’uso di una fresa automatica guidata da un CAD. La progettazione e la messa in opera di geometrie complesse in legno massiccio su vaste superfici richiede infatti un macchinario apposito o l’intervento di un professionista. Qui è evidente la differenza di qualità fra le due diverse tecniche. Ma la parte più significativa investe il tempo necessario per lo scavo manuale. Nido scavato a mano con Dremel e trapano da legno: Nido scavato con mezzi di precisione, come una fresa guidata da un CAD: Soprattutto nei modelli verticali a doppia facciata,, ma anche in quelli a facciata singola, invito tutti a non scavare mai stanze più alte di 1-1,5 cm. Le arboricole e le carpentiere in generale, non sono formiche che abbiano l’abitudine di accumulare riserve di cibo, e anche se la covata in alcuni casi può essere appesa a pareti di legno (le larve di Camponotus sono dotate di una fitta peluria uncinata che permette questa operazione), per le formiche è meglio poter disporre larve e bozzoli su ripiani orizzontali. Quindi è meglio favorire la presenza di superfici pianeggianti, o anche inclinate, ma con soffitti non troppo alti che le costringerebbero ad accumulare ammassi di bozzoli e larve accatastati l’uno sopra l’altro, più difficili da gestire. In questi casi si noterebbe il fenomeno di formiche isolate che sembrano schiacciate fra i bozzoli come si fossero addormentate lì, e fossero state ricoperte di bozzoli e larve dalle compagne. Per evitare la struttura a stanze strette coi soffitti alti, è bene prevedere il disegno della pianta del formicaio verticale disegnandolo e ridisegnandolo bene prima, studiando come disporre numerose stanze basse a più piani, come in un palazzo, oppure prevedere stanze più alte ma intervallate da diaframmi sottili e adatti all’appoggio della covata inerte. Non è necessario che le stanze siano molto profonde, lo spessore del legno determinerà il loro possibile sviluppo, ma se vogliamo che le formiche restino ben visibili, è meglio non andare oltre i 2 cm di profondità. In caso di formicai in legno orizzontali, tutti questi accorgimenti sono superflui: la disposizione delle sale può anche essere ampia (in questo caso meglio che le stanze non siano troppo profonde!) con poche intersezioni separatorie, e anche le gallerie di accesso possono svilupparsi senza particolari geometrie. Una possibilità che rende il nido più vivibile e più simile a un tronco d’albero forato in natura è quella d'incidere le stanze e le gallerie in modo che buchino tutta la superficie del legno, affacciandosi sul lato opposto della tavola. Questo vale per i formicai a modello verticale e, in questo caso il nido diventa a doppia facciata. Le stanze che lo attraversano tutto avranno così una doppia visibilità, e le abitanti potranno sfruttare tutto lo spessore del pannello. Consiglio di utilizzare tavole spesse al massimo 4-5 cm; uno spessore maggiore, fornisce alle formiche uno spazio eccessivamente favorevole all’occultamento: vedrete meno facilmente le condizioni della regina, e l’eventuale scavo di gallerie all’interno di un nido troppo spesso non sarà avvertibile, fornendo loro sempre più spazi per nascondersi. Io consiglierei di schermare almeno una delle facciate. Le formiche abituate alla luce sin dalla fondazione non sono normalmente infastidite dalla luce, e tutti noi alleviamo da anni formiche alla luce del giorno, ma offrire loro (e soprattutto alla regina) la sensazione di occultarsi alla vista altrui, in certi casi aiuta a mantenere più “tranquilla” la colonia. Nelle mie osservazioni dal vivo, ho notato che un formicaio interamente schermato fa sì che le formiche si distribuiscano sull’intera superficie abitabile, mentre una facciata scoperta può influenzarne la frequentazione che è determinata in gran parte dalla temperatura, e le formiche sposteranno la covata soprattutto verso una fonte calore, cosa che alla lunga può creare dei problemi, come vedremo in seguito. E’ quindi meglio gestire un ampio nido a doppia o singola facciata, lasciandolo coperto, scoprendolo solo quando si fanno delle osservazioni. La colonia abituata a visite frequenti non risente dell’esposizione alla luce occasionale, se si ha l’accortezza di mantenerla scoperta di tanto in tanto. Geometria degli interni. Ognuno ha una propria idea di come le formiche scavano un nido. Di solito, le formiche ne hanno una diversa. Le carpentiere maggiori, che sfruttano i punti più deboli degli alberi in cui vivono, scavano gallerie nelle venature morte del legno, seguendo le sezioni degli anelli annuali di crescita. Si sviluppano così fondamentalmente strutture verticali concentriche, con collegamenti profondi metri. Ma nei tronchi caduti, gli stessi abissi verticali diventano pavimentazioni altrettanto vaste. Per le formiche adulte verticale o pianeggiante conta poco, ma i materiali di costruzione, i bozzoli inerti, la covata, sono trasportati qua e là e benché possano essere appesi, hanno bisogno di spazi ampi e di circolazione d’aria e calore. Nel caso di Lasius fuliginosus, bisognerà tenere conto che questa specie costruisce spontaneamente padiglioni in legno/cartone masticato, disposto in grattacieli interni ai tronchi d’albero, e in simbiosi con un micelio fungino; come sviluppare un nido di legno per ospitare queste formiche e dar loro la possibilità di riprodurre una simile struttura? Per un allevatore appassionato poter osservare un simile comportamento sarebbe paragonabile al veder crescere il fungo delle tagliafoglie brasiliane! Allora, come scavare il nostro formicaio? Per le mie esperienze, grandi colonie di carpentiere necessitano di abitazioni complesse e ricche di connessioni. Colonie piccole, con formiche medio-piccole, possono essere ospitate in sezioni di legno relativamente minuscole; una colonia di Colobopsis o di Temnothorax può stare in una tavoletta 10 x 10 ed essere disegnata seguendo una pianta di lunghe gallerie con stanze distanziate e di numero limitato. Per ovviare invece al bisogno di spazio che richiede una grande colonia, e la necessità di racchiudere tutto in un modello trasportabile agevolmente, io scelgo strutture geometricamente complesse, ricche di stanze separate da diaframmi il più possibile sottili, soprattutto nel nucleo centrale. La possibilità di bucare stanze su entrambe le facciate di una tavola spessa fa guadagnare ampie superfici, soprattutto associata a saloni che si affaccino su entrambi i lati, meglio se non sono simmetrici. La necessità di guadagnare spazio non deve cancellare lo svolgersi del naturale andamento delle gallerie, che deve essere meno possibile regolare, altrimenti si può tranquillamente restare al modello incassato fra cornici con i bastoncini da ghiacciolo come ripiani. Quindi bisogna alternare la costruzione di stanze su piani sovrapposti a una serie di passaggi o corridoi il più possibile irregolari. Grande spazio deve sempre essere dedicato alla cornice esterna che serve a contenere eventuali fughe. Le formiche bucheranno dove potranno, e tenteranno comunque di trovare un punto debole nella loro prigione. Meglio rendergli le cose più difficili possibile! Un minimo di 3-4 cm di legno massiccio sono da prendere in considerazione nella parte bassa della struttura, uno dei punti in cui le formiche sono più propense a scavare. Considerate che una colonia appena installata tende sempre a trincerarsi e a tappare tutti gli spifferi o fessure che tolgono loro sicurezza, ma col tempo andranno a sfruttare le stesse falle nella struttura per allargare i loro spazi! Problemi con fonti dirette di calore. I nidi di legno sono sensibili all’umidità, sia interna che esterna. Di principio, non è bene far entrare in contatto l’acqua con il materiale della costruzione, quindi le formiche devo poter avere accesso a fonti di umidità indipendenti, come provette, abbeveratoi in arena o altri accorgimenti che compensino la mancanza di umidità della loro casa. In questo senso il sughero è più adatto come gestione, non soffre di queste limitazioni, perché non si deforma come gli altri legni. Il legno resta un materiale vivo: si gonfia con l’umidità, si piega, si “imbarca”, marcisce, asciugando può restringersi. Applicare una lastra di vetro a una tavola di legno può sembrare una operazione facile e priva di rischi per il nostro nido, ma come la fisseremo? Colle? Silicone? Tasselli o morsetti? Se il vetro è rigidamente fissato, la deformazione del legno potrebbe arrivare a scollarlo, scalzarlo, anche a romperlo (nel caso di un fissaggio rigido con angolari metallici). Un vetro rotto o incrinato mina la sicurezza del nido. Bisogna che il vetro sia fissato al legno in maniera dinamica perché un fissaggio che a prima prova sembra sicuro ed ermetico, nel giro di poche settimane potrebbe mostrare limiti inaspettati. Per quanto possa sembrare incredibile, i problemi più grandi possono venire dal riscaldamento del nido, perché sono proprio gli sbalzi di umidità associati a quelli di temperatura che fanno variare maggiormente entrambe le superfici. Un legno che si imbarca, anche se il vetro è ben saldato e regge alla prova sui bordi, crea fessure verso l’esterno (se si gonfia al centro si scoprono spazi sul perimetro) o al centro; le formiche sentono subito che ci sono spiragli, e corrono immediatamente a tapparli, infilando negli spazi ogni sorta di materiale, dai detriti, ai resti di insetti, alla segatura. Questa operazione innesta un meccanismo perverso, che le operaie perseguiranno a oltranza: la fessura si allarga, e altro materiale vi verrà infilato. Il risultato sarà di creare un allargamento dello spazio fra il legno e il vetro. E la catastrofe è annunciata. Un nido che asciuga dopo essere stato “inquinato” da un eccesso di umidità, in pochi giorni può variare le sue dimensioni in termini di millimetri, che, parlando di formiche, sono decisivi. La scelta di usare lastre di plexiglas, cosa che evita il rischio di rotture, a tutta prima sembrerebbe una soluzione ideale, ma il plexi è ancora più soggetto a deformarsi, così non sarà il legno a spingere in fuori il vetro, ma il plexiglass ad allontanarsi dalla superficie di legno. L’unica risoluzione, ma è il vantaggio che il plexiglas offre, è che può agevolmente essere bucato e fissato in tutti i punti a rischio. Prevedete quindi in fase di progetto di scavo delle superfici a contatto più larghe in cui sia possibile bucare e applicare un ancoraggio. Pensate molto in anticipo tutti i punti in cui potrebbe deformarsi e allontanarsi dal legno, e fissatelo con viti anche piccole, ma che garantiscano l’aderenza delle due superfici. Le viti non devono essere messe solamente a presidiare il perimetro sterno, ma anche a mantenere la lastra aderente all'interno del nido (e una sola nel mezzo può non bastare!). In realtà è impossibile che il legno non subisca gli effetti dell’umidità. A lungo andare, la popolazione stessa rilascia una grande quantità di liquidi che vanno a sporcare, far ammuffire, e danneggiare la loro casa. Le superfici più frequentate, anche solo per il rilascio delle feci, il deposito delle prede, il trasudare estivo della popolazione, la massa viva agglomerata in luoghi angusti d’inverno, rendono pavimenti e gallerie inizialmente lisce e linde, in pochi mesi nere e porose. Una colonia di più di 1000 operaie di Camponotus necessita di almeno una provetta d’acqua da 20 cm ogni 3-4 giorni in piena estate, e quest’acqua da qualche parte va a finire! Ultimo aggiornamento (Venerdì 12 Gennaio 2018 19:02) L’arena è l’ambiente esterno del nostro formicaio. Come per la costruzione del nido, il gusto personale e la scelta di diversi materiali fanno la differenza; più che per il nido, l’arena richiede la gestione oculata degli spazi, perché deve simulare il territorio dove le nostre formiche andranno a caccia e incontreranno eventuali prede. L’ACCESSO ALL'ARENA. Accesso diretto: come nel caso dei nidi di gesso di tipo 2, che incorporano nido e arena nello stesso elemento Accesso collegato tramite tubo diretto: dal blocco del nido, con arena a contatto, un tubo attraversa il materiale e sbuca lateralmente, o dal basso, affacciandosi direttamente nell’ambiente esterno Accesso con tubo lungo che sviluppa un percorso: dal nido esce un tubo preferibilmente flessibile, che fa percorrere alle formiche un tratto di strada regolabile, permettendo alle operaie di camminare più a lungo. L’arena è uno dei punti critici e più temuti dai profani per il contenimento delle formiche. Coperchio sigillato: è certo che niente uscirà! Coperchio con retina: esistono in commercio retine metalliche finissime. Non sono sempre e ovunque reperibili, non sempre sono abbastanza traspiranti, e in ogni caso le formiche vi si possono arrampicare e stazionare in attesa che voi apriate. Arene aperte: da tempo l’arena aperta è una realtà accettata e funzionale. Alcool e borotalco (il famoso talcool). Una mistura di talco e alcool viene spalmata sulla superficie alta dell’arena e l’alcool, evaporando, rende il talco abbastanza difficile da scalare e moderatamente repellente per molte formiche. Inconvenienti: a lungo andare lo strato si deteriora e va spalmato spesso, in rapporto alla qualità, alle superfici e al tipo di formica che tenterà di superarlo. Repellenti chimici in vendita: non sempre reperibili e relativamente costosi, ma di sicuro funzionamento. Repellente fatto in casa: il più classico e sperimentato con successo è il classico impasto “pasta di vaselina bianca e olio lubrificante”, quello per svitare, per oliare gli ingranaggi, quello minerale insomma! E’ stato scritto centinaia di volte in ogni articolo, diario, scheda, e ancora qualcuno ha il lampo di genio di usare olio d’oliva! Aggiungere anche un po’ d’aglio e peperoncino può dare risultati inaspettati: le formiche ringrazieranno!!! Non dimenticate di mescolarlo con della pasta ben al dente! ARENA BASE per provette o nidi di accrescimento NIDO CONTENUTO IN ARENA: Con formiche molto piccole e dalle limitate esigenze di spazio, si può considerare di inserire il nido direttamente in arena. E' il caso dell'esempio sotto, in cui Temnothorax può benissimo essere alloggiata in canne di bambù applicate al vetro dell'arena stessa in cui tutto sarà facilmente maneggiabile. Il substrato di ghiaia non crea problemi perché è basso, molto pesante per queste formiche, le quali comunque scelgono sempre di installarsi in dalle, bacche o rametti.
Ultimo aggiornamento (Domenica 14 Gennaio 2018 12:12)
Nido di legno a listelliPer ospitare formiche del genere Camponotus, soprattutto parlando di vagus, herculeanus e ligniperda, ma anche Colobopsis truncatus, Crematogaster o Temnothorax, è consigliabile adottare un nido artificiale in legno, che ricalca e favorisce l’iter abitativo di queste specie. Sul sito sono presenti diversi modelli che sfruttano ogni possibile sfrenata fantasia messa in atto dagli allevatori: per le formiche più piccole si usano con successo mezzi gusci di noce o sezioni di canne di bambù, o ramoscelli tagliati su misura. Nella scheda sul nido orizzontale di sughero si contempla lo scavo manuale delle stanze, ma chi possa procurarsi un Dremel con punte da legno specifiche, potrà realizzare una pianta geometrica più pulita e articolata di quanto si possa fare a mano. Scavare tavolette di legno massiccio invece diventa un lavoro (e un'arte) che richiedono attrezzi adatti, capacità manuali e soprattutto una grande quantità di tempo. Nell'articolo di seguito troverete una scheda in cui diamo tutti i consigli possibili per costruire nidi scavati sulla pianta dei vari prototipi già realizzati dai nostri soci più ingegnosi e capaci, ma per chi non abbia tecnica e attrezzi adatti, una soluzione pratica per realizzare un grande nido per formiche aggressive come Camponotus vagus è il sistema a cornice, con stanze e corridoi distribuiti a listelli incollati. Usando materiali facilmente reperibili e un po' di impegno, si può realizzare una costruzione solida, e al tempo stesso funzionale, con grandi capacità abitative, che può reggere l'assalto di mandibole potenti per un discreto periodo di tempo. Vi ricordo sempre che una colonia di formiche è volubile, sempre in cerca di vie d'uscita, ed è un organismo vivente! Non è facile contenere a lungo centinaia di formiche grandi, aggressive, e tutte determinate a evadere! Resta valida la regola che il nido debba crescere insieme alla colonia, anche per motivi di usura nel tempo del materiale e la possibilità che i vetri siano sporchi e rendano mal visibili le formiche. Il nido di accrescimento può essere più semplice, con poche stanze, e può essere realizzato agevolmente in orizzontale, cosa che rende nei primi tempi anche una più facile visione della famiglia ospitata. Per le mie colonie di carpentiere nei primi anni di allevamento ho scelto di usare legno d’abete stagionato, in tavolette di varia misura, e per delimitare le stanze listelli di legno più morbido, acquistabili presso qualsiasi rivenditore di materiale fai da te. L'utilizzo di semplici leggenti da ghiacciolo fornisce altro materiale di facile reperibilità e di buon impiego. Chi ha letto la storia delle mie colonie sa che ho dovuto correre ai ripari proprio per tamponare l'evasione di una colonia di 3000 vagus, che nel terzo anno di vita cominciano a manifestare un insopprimibile bisogno di scavare il legno! Queste formiche hanno l'abitudine di bere e bagnare il legno per ammorbidirlo, scavandolo così più facilmente e rapidamente. Non ci sono soluzioni per impedirlo, se non ospitandole in nidi di materiale diverso, o inglobando il nido stesso in una teca. Chi però è nella necessità di dover spostare spesso la colonia, non può legare la stessa a un acquario di dimensioni ideali, quindi torniamo all'uso del legno e vediamo come possiamo risolvere il problema. Ci sono sicuramente altri materiali per alloggiare le formiche carpentiere (gasbeton, gesso, ugualmente cedevoli alla lunga), ma il legno è quello che preferisco per estetica, e per la migliore visione interna (l'abete stagionato è un legno chiaro). Inoltre è gradito particolarmente da tutte le formiche carpentiere maggiori, e non particolarmente soggetto a marcire o a deformarsi. Le colonie incipienti gradiscono gli spazi ristretti e protetti, quindi è possibile alloggiare la regina e le prime operaie in stanze di pochi centimetri, ma quando la famiglia raggiunge il centinaio di unità inizia a crescere a ritmi maggiori, quindi il nido successivo può essere costruito in previsione di una rapida crescita della colonia, in modo che possa servire egregiamente almeno per almeno uno-due anni. Piazzare barriere per dividere in sezioni un nido grande, in modo da renderlo gradualmente abitabile, è possibile, ma le formiche sono ottime esploratrici, e tendono a sfondare rapidamente tappi di segatura pressata, o sughero. Tenetene conto. Nei nidi a due facciate si può facilmente impedire l'accesso delle formiche alla seconda facciata, con tappi di cotone pressato. Le alternative sono un tubo esterno che colleghi le due facciate, oppure fori interni che in questo caso devono rimanere accessibili per la rimozione. Per rendersi conto di come Camponotus vagus utilizza gli spazi vivibili, basta dare un'occhiata al modo di stipare la covata. La scelta di costruire un nido in verticale, è una scelta soprattutto di spazio, ma queste formiche vivono abitualmente l'interno di alberi, e lo sviluppo verticale è ideale alle loro necessità. Scartando la possibilità di scavare spesse tavole di legno in modo da realizzare un nido armonico e naturale come fosse fatto da loro, la scelta più facile è di utilizzare una tavola come sfondo, e incollare su questa una cornice e tutti i ripiani atti a ricostruire stanze, corridoi e percorsi che rendano il nido spazioso e funzionale. Per fare questo ho scelto una tavola base di 1,5 cm, 25 x 45, alla quale ho applicato una cornice di 2 cm di spessore, sempre in abete bianco. Ho acquistato poi dei listelli di legno più morbido (va sezionato in molti pezzi, quindi deve essere facile tagliarlo, inoltre le formiche non avranno necessità di scavarli, quindi a che serve usare legno robusto?), di 2 mm di spessore e 2 cm di sezione, che vadano in pari con le cornici esterne. Ho scelto il plexiglas come vetrina, perché le Camponotus non tendono a sporcarlo, cosa che fanno invece altre formiche come Messor, e la plasticità del plexiglas consente di modellarsi a eventuali "imbarcamenti” del legno, che altrimenti rischierebbe di rompere un materiale come il vetro. Il plexiglas consente anche un più facile taglio in sezioni, che saranno necessarie a foderare esternamente le altre superfici del nido. Infatti non c'è modo di impedire la foratura di quest'ultimo, ed è bene premunirsi per tempo, in modo che la colonia non trovi falle attraverso cui uscire. Al centro del nido ho posizionato due tavolette di spessore maggiore (2 cm x 4) che fungano da basi per fissare la vetrata, in modo da non avere punti deboli di adesione fra il vetro e lo spessore delle stanze. Per incollare cornici e listelli, va bene il normale Vinavil, colla da legno molto resistente e a base d'acqua, che non arreca danno alla popolazione. Dopo aver posizionato le cornici e aver forato almeno due punti di accesso (calcolare bene i fori usando già i tubi che si vorranno adattare, in modo che non siano né troppo stretti, né troppo larghi), si comincia a deporre i listelli in modo da formare una serie di ripiani che si adattino alle dimensioni delle stanze in cui le formiche accudiranno la covata; l'architettura e il disegno della pianta sono soggettivi: ognuno potrà disporli come meglio crede. E' importante però ricordare che le formiche, benché molto grandi e numerose, amano sentirsi protette, quindi evitate stanze troppo piccole e quindi male utilizzabili, ma nemmeno troppo grandi, perché la continua esposizione alla luce le rende meno sicure di un nido oscurato. A questo scopo ho interrotto qua e là il susseguirsi di ripiani troppo larghi con listelli verticali, e inframmezzato le pareti troppo alte con ripiani più sottili (1 cm, per 1 mm di sezione), in modo che servano da mensole, o che interrompano la "sensazione di continuità” dei corridoi. Non servono travi robuste per sostenere centinaia di formiche, l'equilibrio fra materiale usato e spazio interno va sempre tenuto presente. A questo scopo sono adattissimi i normali legnetti da "ghiacciolo”, che tagliati facilmente, reggono benissimo il peso delle formiche, ma non appesantiscono la vivibilità della struttura. I punti deboli rimangono i punti di incastro della cornice esterna, e le vie d'accesso, dove è bene che le formiche non siano tentate di scavare, e che devono permettere la rimozione dei tubi almeno una volta l'anno, perché le vagus sono in grado di sgranocchiarli alle estremità, e quindi potrebbe rendersi necessario sostituirli. A questo scopo ho posizionato all'interno del nido, tagliate su misura, delle placche di plexiglas, in cui far passare i tubi, che faranno da scudo alle entrate. E' preferibile fissare queste sezioni con viti, legno incollato o colla a caldo: devono reggere l'estrazione e l'inserimento di eventuali nuovi tubi, senza essere da ostacolo. Forate bene le placche, il tubo deve passare senza sforzare troppo! Le placche di plexiglas protettive, sono solo un palliativo: le formiche bucheranno comunque da qualche altra parte, quando lo vorranno. Esternamente il nido verrà ricoperto su tutte le altre 4 facce con lastre di plexiglas tagliate su misura. Le lastre devono combaciare il più possibile; è difficile che le formiche scavino proprio negli angoli, più probabile che forino qua e là, ma non si sa mai. A lavoro ultimato, passare un filo di colla a caldo sui punti di connessione fra le lastre non sarebbe male. Chiudete e fissate in più punti possibile la vostra protezione antifuga: non ci devono essere punti in cui il plexiglas balli o non aderisca perfettamente; a colonia installata sarà difficile fare interventi ulteriori. Spessori e spazi differenti possono servire a rendere la struttura del nido meno "meccanica” e fredda, certo non sarà mai esteticamente bello come un nido scavato da un artigiano nel legno vivo, ma questo modello è alla portata di chiunque voglia cimentarsi un po' nel bricolage... Con una spesa minima e qualche ora di lavoro si ottiene un nido leggero, versatile e spazioso. Ho scelto di dividere il nido in una facciata esterna e una interna: il nido interno sarà totalmente visibile, l'uscita sarà posteriore a questo, e la facciata si presenterà come una parete di legno da cui le formiche escono come in natura, verso l'arena. Il nido potrebbe anche avere due facciate interamente abitabili; si potrebbe fare uscire lateralmente all'arena il tubo esterno... Io ho fatto delle scelte che mi permettono una gestione del nido "fronte-retro” per questioni di utilizzo. Dovendo portarlo in giro in fiere o nelle scuole, dovevo optare per la soluzione a me preferita. Ho visto che se divido in due la parte abitabile, l'osservazione diventa più complicata. In questo modello, se le formiche scavano, le gallerie sono a vista, in vetrina, sul retro; per me è già un buon compromesso. Altri di voi possono sviluppare le mie idee a loro piacere, introducendo tutte le varianti del caso; ricordate solo che le colonie di C. vagus iniziano a scavare dopo il secondo anno di vita, quando la colonia si moltiplica a dismisura e il carattere di questa specie si manifesta in maniera decisa e inarrestabile. Pensateci bene, e prendete le necessarie precauzioni. Decorare il retro è solo un modo per rendere un po' meno “freddo” un nido altrimenti poco naturale, ma funzionale.
Per fugare eventuali dubbi, vi anticipo che per i nidi di legno non è prevista l'umidificazione interna; Camponotus vagus sembra perfettamente a suo agio in nidi caldi e asciutti. Il rischio di far marcire il legno è sempre presente, e le formiche da sole ci penseranno per tempo. E' sempre possibile collegare una provetta con acqua a una delle uscite alternative, o mettere un beverino in arena: ci penseranno loro a rifornire di umidità la covata e la popolazione interne; un lavoro in più per non facilitare loro il compito di "minare” le pareti del nido. Curate soprattutto il contatto fra "vetro” e legno. Le formiche tendono a sigillare ogni fessura, anche minima, con materiale di vario tipo: rifiuti, segatura, detriti. Questi materiali inizialmente fanno da sigillante, ma con le variazioni di umidità e temperatura, possono infiltrarsi ed espandere il vetro, spingendo le formiche a insistere ripetendo l'operazione, finché il tutto non farà da cuneo, favorendo il passaggio delle operaie curiose, e... il gioco è fatto! La colonia è pronta per una evasione di massa! I detriti vanno sempre a minare le parti basse del nido, o i punti di contatto verso il basso. Tenetene conto, e cercate di far sì che il contatto fra vetrina e legno sia sempre omogeneo! La struttura di un formicaio di legno esteticamente più bella, e più al sicuro dalle evasioni, è quella realizzata scavando direttamente in un pannello di legno massiccio. Ancor più dei modelli in gasbeton e gesso, il legno si adatta a strutture verticali che, più sottili e leggere, richiedono però una base stabile per essere mantenute in equilibrio. Questo piedistallo può essere realizzato con lo stesso tipo di legno della struttura, o in qualsiasi altro materiale che si possa incollare, agganciare, o saldare al legno. Ma i grandi nidi per formiche carpentiere, scavati in legni più duri, richiederanno l’opera di un artigiano o di attrezzature non sempre alla portata di un normale utente. Il lavoro necessario a scavare grandi nidi per colonie popolose o formiche aggressive come Camponotus vagus, necessitano ore di lavoro, oppure l’intervento di frese professionali, o meglio ancora, l’uso di una fresa automatica guidata da un CAD. La progettazione e la messa in opera di geometrie complesse in legno massiccio su vaste superfici richiede un macchinario apposito o l'intervento di un professionista falegname. Qui sotto è evidente la differente qualità e il risultato fra le due diverse tecniche. Ma la parte più significativa è il rilevante tempo necessario allo scavo manuale. Nido scavato a mano con Dremel e trapano da legno: Nido scavato con fresa di precisione su disegno realizzato in CAD.
Per evitare la struttura a stanze strette coi soffitti alti, è bene prevedere il disegno della pianta del formicaio verticale disegnandolo e ridisegnandolo bene prima, studiando come disporre numerose stanze basse a più piani, come in un palazzo, oppure prevedere stanze più alte ma intervallate da diaframmi sottili e adatti all’appoggio della covata inerte. Non è necessario che le stanze siano molto profonde, lo spessore del legno determinerà il loro possibile sviluppo, ma se vogliamo che le formiche restino ben visibili, è meglio non andare oltre i 2 cm di profondità. Una possibilità che rende il nido più vivibile e più simile a un tronco d’albero forato in natura è quella d'incidere le stanze e le gallerie in modo che buchino tutta la superficie del legno, affacciandosi sul lato opposto della tavola. Questo vale per i formicai a modello verticale e, in questo caso il nido diventa a doppia facciata. Le stanze che lo attraversano tutto avranno così una doppia visibilità, e le abitanti potranno sfruttare tutto lo spessore del pannello. Consiglio di utilizzare tavole spesse al massimo 4-5 cm; uno spessore maggiore, fornisce alle formiche uno spazio eccessivamente favorevole all’occultamento: vedrete meno facilmente le condizioni della regina, e l’eventuale scavo di gallerie all’interno di un nido troppo spesso non sarà avvertibile, fornendo loro sempre più spazi per nascondersi. Geometria degli interni. La necessità di guadagnare spazio non deve cancellare lo svolgersi del naturale andamento delle gallerie, che deve essere meno possibile regolare, altrimenti si può tranquillamente restare al modello incassato fra cornici con i bastoncini da ghiacciolo come ripiani. Quindi bisogna alternare la costruzione di stanze su piani sovrapposti a una serie di passaggi o corridoi il più possibile irregolari. Problemi con fonti dirette di calore. Il legno è un materiale vivo: si gonfia con l’umidità, si piega, si “imbarca”, marcisce, asciugando può restringersi. Applicare una lastra di vetro a una tavola di legno può sembrare una operazione facile e priva di rischi per il nostro nido, ma come la fisseremo? Colle? Silicone? Tasselli o morsetti? Se il vetro è rigidamente fissato, la deformazione del legno potrebbe arrivare a scollarlo, scalzarlo, anche a romperlo (nel caso di un fissaggio rigido con angolari metallici). Un vetro rotto o incrinato mina la sicurezza del nido. Bisogna che il vetro sia fissato al legno in maniera dinamica perché un fissaggio che a prima prova sembra sicuro ed ermetico, nel giro di poche settimane potrebbe mostrare limiti inaspettati. Un nido che asciuga dopo essere stato “inquinato” da un eccesso di umidità, in pochi giorni può variare le sue dimensioni in termini di millimetri, che, parlando di formiche, sono decisivi. La scelta di usare lastre di plexiglas, cosa che evita il rischio di rotture, a tutta prima sembrerebbe una soluzione ideale, ma il plexi è ancora più soggetto a deformarsi, così non sarà il legno a spingere in fuori il vetro, ma il plexiglass ad allontanarsi dalla superficie di legno. Ultimo aggiornamento (Venerdì 12 Gennaio 2018 19:02) Ultimo aggiornamento (Venerdì 19 Gennaio 2018 13:26) |