Nido scavabile a tronco ribaltato per Crematogaster
Inviato: 03/04/2015, 14:30
Ho già accennato in passato alla colonia di Crematogaster scutellaris che sto allevando, ma quello di cui voglio parlare qui è di un tentativo sperimentale di replicare per questa specie una sistemazione che possa permettere le seguenti cose:
Premetto che sto solo ora iniziando a sperimentare l'idea che mi accingo a presentare, per cui ovviamente si prenda questo esempio come un prototipo di nido in cui sono ancora tutti da evidenziare i difetti, che sicuramente emergeranno nel tempo grazie all'imprevedibilità delle inquiline. Come siamo abituati ad aspettarci d'altronde con questi allevamenti..
Ho impiegato parecchio tempo a ideare questa possibile soluzione al concetto di nido che ho espresso: l'idea è nata prendendo spunto da esperienze con fini simili per quanto riguarda il tema del nido scavabile. L'idea che inizialmente mi feci è che per consentire sempre la massima visibilità in questo genere di sistemi, bisogna ridurre veramente al minimo lo spessore dello strato scavabile: su forum esteri arrivano a consigliare addirittura fino a 1 mm per questa specie e chi ha sperimentato qualcosa di analogo da noi ha avuto qualche problema di occultamento nelle prime fasi per soli 4 mm di spessore. Perciò mi orientai per utilizzare singoli pannelli in sughero da 2 mm, dopo aver verificato l'altezza di profilo delle operaie con le bellissime foto su Antweb. Ovviamente la regina che ha profilo più alto delle operaie per forza di cose dovrà risiedere in una camera al di fuori dello strato scavabile.
A questo punto bisognava pensare al contenitore e avendo io in passato già pensato di fare nidi cilindrici per la facilità con cui possono rendere una certa sensazione di cammino illimitato ad operaie che amano particolarmente esplorare, mi ritrovavo pezzi di plexiglass così tagliati.
Per tale ragione cominciai a pensare di sfruttare tutta la superficie trasparente per creare uno strato potenzialmente scavabile, e sfruttare invece l'ampio volume interno libero per un'arena complessa con rametti e camminamenti che massimizzassero la libertà delle operaie pur mantenendo l'ingombro del nido compatto e globale. Detto in altre parole mi piaceva il concetto che si potesse replicare lo sviluppo del primo strato sotto la corteccia di un tronco di albero benché completamente invertito! Infatti ovviamente la visione sarebbe avvenuta dalla superficie cilindrica esterna, mentre quello che avrebbe rappresentato il confine esterno del nido, per intenderci "la corteccia", sarebbe stata rivolta su se stessa sullo spazio interno che doveva comunque restare ampiamente accessibile dall'apertura superiore del cilindro.
Io generalmente chiudo la base dei nidi che faccio con parenti di plexiglass usando una colata liquida di resina epossidica anch'essa trasparente. Questo per varie ragioni: sia perché evito di sprecare altro plexiglass per fare la base, sia perché non è banale tagliare e incollare con precisione la base, sia perché la resina epossidica assicura un incollaggio perfetto che blocca saldamente le pareti, oltre ad avere la possibilità di fare il fondo spesso a piacere. Questa tecnica risulta perfettamente utile in questo caso per fissare lo strato di sughero stesso durante l'assemblaggio del nido.
La resina che uso deve avere periodo di polimerizzazione lungo per consentire la colata e non scaldare troppo mettendone quantità elevate (questo genere di polimerizzazione è una reazione fortemente esotermica). Perciò solitamente preparo un fondo opportuno che consenta il distacco dalla resina, ma che sia incollato alla base del contenitore. Attenzione perché in caso contrario rischierei la fuorioscita della colata con grossissimi problemi: potete dimenticarvi di togliere facilmente l'epossidica asciutta da qualsiasi cosa su cui si sia incollata! In questo caso ho semplicemente usato un foglio di carta plastificato ricoperto e incollato alla base del plexiglass con della semplice colla vinilica; il foglio poggia su un piano rigido e perfettamente piano. La colla vinilica tiene quando è asciugata ma si rimuove facilmente in una fase successiva con acqua calda. In alternativa al mio metodo si possono usare gli oli siliconici appositi su cui una resina epossidica non fa presa, anche se richiedono ovviamente di preparare un supporto diverso a chiusura del fondo.
I pezzi di foglio di sughero sono stati tagliati affinché si richiudessero su sé stessi rimanendo perfettamente incastrati adiacenti alla superficie cilindrica. Ovviamente la colata di resina viene versata fino a lambire per alcuni millimetri l'estremo dello strato di sughero in maniera che incollandosi lo fissi saldamente. Ho fissato una camera di partenza per la colonia che poi costituirà anche l'unica camera in cui, date le sue dimensioni, può risiedere la regina. Questa è costituita da una galla preventivamente smussata con la carta vetrata appoggiata al cilindro stesso in modo da seguirne il profilo. La galla è stata semplicemente incastrata in un buco ricavato sullo stato di sughero e viene lambita inferiormente dalla resina epossidica che così facendo la fissa in quella posizione.
Si può notare che il legno poroso della galla assorbe abbastanza la resina liquida quindi il fondo della galla risulterà impermeabilizzato e plastificato. In maniera simile per capillarità parte della stessa resina percola nell'intercapiedine minima fra la parete del plexiglass cilindrico e il foglio di sughero. Non sono sicuro che il sughero abbia assorbito, più probabile sia solo stato rivestito e riempito nei microforellini del foglio. Essendo resina trasparente ciò non influenza la visibilità nella zona, anche se penso ridurrà la capacità di scavo delle operaie in quel breve tratto inferiore. In ogni caso anche se trovassero problemi verso il basso, le operaie non avranno problemi a forare il margine alto della galla e il sughero vergine soprastante.
A questo punto mi mancava solo da pensare a come creare uno strato di copertura del foglio di sughero scavabile, cioè la parte di chiusura del nido che funge da "corteccia". Ammetto che non fu facile trovare la soluzione giusta: scartai la possibilità di inserire un secondo plexiglass cilindrico perché non l'avrei mai trovato della misura precisa e l'intercapedine doveva restare ristretta, scartai anche la possibilità di riutilizzare la resina perché non è sufficientemente viscosa e perché poneva i rischi di difficoltà di scavo già accennati. Uno dei tanti requisiti posti è che anche se opaco serviva comunque un materiale abbastanza trasparente da permettere alla luce di passare da dietro così da rendere più osservabili le operaie all'interno dell'intercapedine.
Alla fine la soluzione più ovvia che trovai, fu di rivestire la superficie interna con silicone acetico. Questo permette di ottenere uno strato abbastanza disuniforme e rugoso da risultare anche interessante come superficie calpestabile, che mima una corteccia naturale, ed è al contempo piuttosto trasparente. Ho incollato al sughero alcuni spessori dello stesso materiale per creare vicino alla zona dell'ingresso alcune camere da scavare sotto la corteccia, ma solo come sicurezza in più. Per il resto il silicone copre tutta la superficie interna dal perimetro di base fino alla cima dove richiude il bordo del foglio di sughero senza lasciare alcuna uscita. Ho fatto così perché c'è l'ingresso iniziale sul fondo e se vorranno altre uscite credo non avranno problemi ad aprirsele nel silicone, se così non fosse le aprirò dove necessario con uno strumento affilato sopra ai punti scavati; è sicuramente più pratico che lasciare aperture che non si sa se verranno raggiunte. Ovviamente dopo l'appicazione della resina siliconica il nido deve restare areato per parecchio tempo in modo da perdere l'odore delle esalazioni di acido acetico (che tra l'altro sconsiglio dal respirare mentre si spalma dato che è piuttosto irritante).
Per chiudere l'apertura ho studiato un tappo ad incastro perfetto, fatto con un coperchio di barattolo del gelato con diametro simile. Il tappo ritagliato crea un ripiano circolare cosparso sopra e sotto di antifuga, mentre l'anello laterale è un foglio di plastica spesso attaccato col biadesivo e ulteriormente incollato nel punto dove si andrà a incastrare, in maniera che si appoggi perfettamente e senza lasciare intercapedini sul bordo del cilindro. Sono stato attento a fare in modo che sia bello stretto e difficile da infilare così che le due plastiche siano a stretto contatto e non via sia la possibilità di alcun pertugio (nella foto seguente è solo appoggiato storto, quando è infilato combacia perfettamente e resta dritto).
Questo è come appare il nido completo. Ora non resta da capire quanto dell'ipotizzato avverrà nella pratica e come..
- arena integrata al nido per una prima fase di accrescimento in cui la gestione deve essere semplice mentre ingombri e rischi di fughe dovuti alla complessità del sistema ridotti al minimo;
- nido che imiti per quanto è compatibile il naturale ambiente di sviluppo per questa specie e che ne assecondi e incanali l'istinto scavatrice;
- visibilità dell'insieme almeno idealmente curata con particolare attenzione, cercando di mantenere i compromessi precedenti.
Premetto che sto solo ora iniziando a sperimentare l'idea che mi accingo a presentare, per cui ovviamente si prenda questo esempio come un prototipo di nido in cui sono ancora tutti da evidenziare i difetti, che sicuramente emergeranno nel tempo grazie all'imprevedibilità delle inquiline. Come siamo abituati ad aspettarci d'altronde con questi allevamenti..
Ho impiegato parecchio tempo a ideare questa possibile soluzione al concetto di nido che ho espresso: l'idea è nata prendendo spunto da esperienze con fini simili per quanto riguarda il tema del nido scavabile. L'idea che inizialmente mi feci è che per consentire sempre la massima visibilità in questo genere di sistemi, bisogna ridurre veramente al minimo lo spessore dello strato scavabile: su forum esteri arrivano a consigliare addirittura fino a 1 mm per questa specie e chi ha sperimentato qualcosa di analogo da noi ha avuto qualche problema di occultamento nelle prime fasi per soli 4 mm di spessore. Perciò mi orientai per utilizzare singoli pannelli in sughero da 2 mm, dopo aver verificato l'altezza di profilo delle operaie con le bellissime foto su Antweb. Ovviamente la regina che ha profilo più alto delle operaie per forza di cose dovrà risiedere in una camera al di fuori dello strato scavabile.
A questo punto bisognava pensare al contenitore e avendo io in passato già pensato di fare nidi cilindrici per la facilità con cui possono rendere una certa sensazione di cammino illimitato ad operaie che amano particolarmente esplorare, mi ritrovavo pezzi di plexiglass così tagliati.
Per tale ragione cominciai a pensare di sfruttare tutta la superficie trasparente per creare uno strato potenzialmente scavabile, e sfruttare invece l'ampio volume interno libero per un'arena complessa con rametti e camminamenti che massimizzassero la libertà delle operaie pur mantenendo l'ingombro del nido compatto e globale. Detto in altre parole mi piaceva il concetto che si potesse replicare lo sviluppo del primo strato sotto la corteccia di un tronco di albero benché completamente invertito! Infatti ovviamente la visione sarebbe avvenuta dalla superficie cilindrica esterna, mentre quello che avrebbe rappresentato il confine esterno del nido, per intenderci "la corteccia", sarebbe stata rivolta su se stessa sullo spazio interno che doveva comunque restare ampiamente accessibile dall'apertura superiore del cilindro.
Io generalmente chiudo la base dei nidi che faccio con parenti di plexiglass usando una colata liquida di resina epossidica anch'essa trasparente. Questo per varie ragioni: sia perché evito di sprecare altro plexiglass per fare la base, sia perché non è banale tagliare e incollare con precisione la base, sia perché la resina epossidica assicura un incollaggio perfetto che blocca saldamente le pareti, oltre ad avere la possibilità di fare il fondo spesso a piacere. Questa tecnica risulta perfettamente utile in questo caso per fissare lo strato di sughero stesso durante l'assemblaggio del nido.
La resina che uso deve avere periodo di polimerizzazione lungo per consentire la colata e non scaldare troppo mettendone quantità elevate (questo genere di polimerizzazione è una reazione fortemente esotermica). Perciò solitamente preparo un fondo opportuno che consenta il distacco dalla resina, ma che sia incollato alla base del contenitore. Attenzione perché in caso contrario rischierei la fuorioscita della colata con grossissimi problemi: potete dimenticarvi di togliere facilmente l'epossidica asciutta da qualsiasi cosa su cui si sia incollata! In questo caso ho semplicemente usato un foglio di carta plastificato ricoperto e incollato alla base del plexiglass con della semplice colla vinilica; il foglio poggia su un piano rigido e perfettamente piano. La colla vinilica tiene quando è asciugata ma si rimuove facilmente in una fase successiva con acqua calda. In alternativa al mio metodo si possono usare gli oli siliconici appositi su cui una resina epossidica non fa presa, anche se richiedono ovviamente di preparare un supporto diverso a chiusura del fondo.
I pezzi di foglio di sughero sono stati tagliati affinché si richiudessero su sé stessi rimanendo perfettamente incastrati adiacenti alla superficie cilindrica. Ovviamente la colata di resina viene versata fino a lambire per alcuni millimetri l'estremo dello strato di sughero in maniera che incollandosi lo fissi saldamente. Ho fissato una camera di partenza per la colonia che poi costituirà anche l'unica camera in cui, date le sue dimensioni, può risiedere la regina. Questa è costituita da una galla preventivamente smussata con la carta vetrata appoggiata al cilindro stesso in modo da seguirne il profilo. La galla è stata semplicemente incastrata in un buco ricavato sullo stato di sughero e viene lambita inferiormente dalla resina epossidica che così facendo la fissa in quella posizione.
Si può notare che il legno poroso della galla assorbe abbastanza la resina liquida quindi il fondo della galla risulterà impermeabilizzato e plastificato. In maniera simile per capillarità parte della stessa resina percola nell'intercapiedine minima fra la parete del plexiglass cilindrico e il foglio di sughero. Non sono sicuro che il sughero abbia assorbito, più probabile sia solo stato rivestito e riempito nei microforellini del foglio. Essendo resina trasparente ciò non influenza la visibilità nella zona, anche se penso ridurrà la capacità di scavo delle operaie in quel breve tratto inferiore. In ogni caso anche se trovassero problemi verso il basso, le operaie non avranno problemi a forare il margine alto della galla e il sughero vergine soprastante.
A questo punto mi mancava solo da pensare a come creare uno strato di copertura del foglio di sughero scavabile, cioè la parte di chiusura del nido che funge da "corteccia". Ammetto che non fu facile trovare la soluzione giusta: scartai la possibilità di inserire un secondo plexiglass cilindrico perché non l'avrei mai trovato della misura precisa e l'intercapedine doveva restare ristretta, scartai anche la possibilità di riutilizzare la resina perché non è sufficientemente viscosa e perché poneva i rischi di difficoltà di scavo già accennati. Uno dei tanti requisiti posti è che anche se opaco serviva comunque un materiale abbastanza trasparente da permettere alla luce di passare da dietro così da rendere più osservabili le operaie all'interno dell'intercapedine.
Alla fine la soluzione più ovvia che trovai, fu di rivestire la superficie interna con silicone acetico. Questo permette di ottenere uno strato abbastanza disuniforme e rugoso da risultare anche interessante come superficie calpestabile, che mima una corteccia naturale, ed è al contempo piuttosto trasparente. Ho incollato al sughero alcuni spessori dello stesso materiale per creare vicino alla zona dell'ingresso alcune camere da scavare sotto la corteccia, ma solo come sicurezza in più. Per il resto il silicone copre tutta la superficie interna dal perimetro di base fino alla cima dove richiude il bordo del foglio di sughero senza lasciare alcuna uscita. Ho fatto così perché c'è l'ingresso iniziale sul fondo e se vorranno altre uscite credo non avranno problemi ad aprirsele nel silicone, se così non fosse le aprirò dove necessario con uno strumento affilato sopra ai punti scavati; è sicuramente più pratico che lasciare aperture che non si sa se verranno raggiunte. Ovviamente dopo l'appicazione della resina siliconica il nido deve restare areato per parecchio tempo in modo da perdere l'odore delle esalazioni di acido acetico (che tra l'altro sconsiglio dal respirare mentre si spalma dato che è piuttosto irritante).
Per chiudere l'apertura ho studiato un tappo ad incastro perfetto, fatto con un coperchio di barattolo del gelato con diametro simile. Il tappo ritagliato crea un ripiano circolare cosparso sopra e sotto di antifuga, mentre l'anello laterale è un foglio di plastica spesso attaccato col biadesivo e ulteriormente incollato nel punto dove si andrà a incastrare, in maniera che si appoggi perfettamente e senza lasciare intercapedini sul bordo del cilindro. Sono stato attento a fare in modo che sia bello stretto e difficile da infilare così che le due plastiche siano a stretto contatto e non via sia la possibilità di alcun pertugio (nella foto seguente è solo appoggiato storto, quando è infilato combacia perfettamente e resta dritto).
Questo è come appare il nido completo. Ora non resta da capire quanto dell'ipotizzato avverrà nella pratica e come..