Periodo di riposo invernale o IBERNAZIONE per le specie autoctone

Per tutte le specie autoctone, quale che sia il tipo di nido e il materiale in cui sono allevate, è bene prevedere nel periodo invernale una fase di riposo equivalente a quelle che si verificano in natura.

Ognuno prenda in considerazione regione, quota o latitudine di provenienza delle proprie formiche, oltre alla specie in questione.

A questo proposito dobbiamo considerare che alcune delle nostre formiche di origine subtropicale o africana come quelle del Gruppo Messor, le Pheidole o Cataglyphis, Lasius, TetramoriumLinepithema humile o Tapinoma ma anche specie più grandi di origini africane, come Camponotus nylanderi, o C. barbaricus non hanno l’obbligo assoluto di ibernarsi, ma affrontano ugualmente un lungo periodo di stasi come le altre nelle regioni o negli anni in cui le condizioni invernali si manifestano in modo tale da sconsigliare lo svolgersi della normale vita della colonia.


Origine probabile della fase di letargo.

Il periodo invernale riduce la possibilità di una colonia di approvvigionarsi in modo sufficiente a mantenere attiva tutta la popolazione. Il calo delle temperature riduce anche la mobilità degli insetti in generale e le formiche non fanno eccezione se non nelle specie meglio adattate.

Per le formiche del sud e di pianura è possibile un semplice rallentamento dell’attività, il calo del metabolismo, e la cessazione delle deposizioni di uova da parte della regina, mentre nelle popolazioni più a nord o di montagna questo rallentamento è così marcato che si verifica il vero e proprio letargo invernale, con l’immobilizzazione di tutta la colonia che si ammassa nelle stanze più protette del nido, di solito attorno alla regina e alla covata, che può rimanere inattiva per tutto il periodo.

Anche il tipo di dieta potrebbe essere significativo: la possibilità di alimentare la colonia con qualsiasi cibo reperibile rende ad esempio Pheidole, in vicinanza di fonti di calore, attiva anche in pieno inverno. La formica rufa che si alimenta prevalentemente di insetti e melata, non potrebbe sopravvivere data l’assenza abbondante di queste fonti, anche in assenza di neve nei suoi boschi di montagna abituali.

In specie di montagna con metabolismo particolare come Camponotus herculeanus e C. ligniperda, ma anche in Camponotus vagus, formiche che spesso trascorrono l’inverno al riparo di materiali confortevoli e isolanti come il legno, questa fase viene definita anche "diapausa invernale”, ed è uno stato di rallentamento totale dell’attività anche se la colonia fosse forzatamente mantenuta a temperature accettabili, o anche calde.

Quale che sia la temperatura della stanza in cui terremo alcune delle nostre Camponotus, già a fine settembre potremmo notare la totale apatia della colonia, tanto che possiamo considerare ragionevolmente fino a 6-8 mesi il periodo in cui questa non si dedicherà alla cura della covata, né sembrerà che le operaie o la regina vogliano alimentarsi.

Consiglio di rimpinzare a dovere prima di questo periodo le nostre colonie e di mantenerle in stanze se non fredde o gelide, almeno a temperature che non salgano oltre i 10 gradi.

Infatti uno dei rischi di una colonia inattiva, ma tenuta a temperatura troppo calda, oltre a uno stress generale, è che potrebbe rendere il nido vulnerabile all’attacco di muffe, funghi o altre malattie che il ridotto metabolismo delle formiche non potrebbe contrastare come nel periodo estivo. Inoltre, se le formiche si immobilizzano, grazie al loro metabolismo possono resistere meglio e più a lungo che se indotte a muoversi o a restare abbastanza sveglie anche se inattive.


Fase PRIMA: colonie iniziali in provetta e regine fondatrici.

Quando fosse possibile, per le colonie alla fase iniziale con poche operaie, o anche per le sole regine che fonderanno la primavera successiva, la stabulazione in frigorifero è utile e consigliata; infatti la temperatura mantenuta stabile è una buona garanzia che regine e operaie non siano infastidite da repentini sbalzi di temperatura.

Prima di inserire le provette o qualsiasi mini-formicaio in frigorifero è consigliabile far sentire alle formiche il calo graduale della temperatura. A questo scopo sarebbe sufficiente esporre le colonie alla temperatura esterna in modo che percepiscano almeno per qualche giorno, o anche settimana, il calo di luce e temperatura.

In ogni caso all’abbassarsi della temperatura, le formiche, che non hanno recettori come i nostri, semplicemente rallentano e si fermano, senza traumi particolari avvertibili, ma potrebbero essere impreparate ad affrontare in quello stato un lunghissimo periodo.

Sappiamo che la luce non influenza particolarmente le nostre formiche. Alcune supposizioni sulle condizioni che inducono le formiche al letargo comprendono quella del magnetismo terrestre; in ogni caso le formiche sentono avvicinarsi il periodo invernale e questo le condiziona a rallentare l’attività.

Le provette, a seconda della specie contenuta, possono essere tenute in frigorifero, o all’esterno (in questo caso protette con polistirolo o altri materiali isolanti) per tutto il periodo tipico dell’inverno delle regioni di provenienza.


Fase AVANZATA: colonie sviluppate con operaie numerose o grandi nidi artificiali.

Probabilmente nessuno di noi ha a disposizione celle frigorifere in cui mantenere tranquille le proprie colonie per lunghi periodi.

Già colonie di un anno possono essere piuttosto ingombranti anche private dell’arena esterna, per non parlare di chi ha teche giganti in cui abbia inserito tutto il nido.

Le soluzioni sono molteplici, e chi ha idee nuove e originali è ringraziato in anticipo per la sua esperienza. Io ad esempio mi limito a gestire i nidi più grandi mettendo semplicemente due fogli di polistirolo sulle vetrate anteriore e posteriore, ben a contatto con la superficie, assicurate con un giro di scotch di carta, in modo da creare una barriera più diretta possibile al vetro esposto. Il polistirolo, più o meno spesso, è un ottimo isolante, è questo fa sì che il freddo non raggiunga direttamente l'interno. Il vetro trasmette immediatamente la temperatura esterna, quindi è vulnerabile agli sbalzi termici. Con il plexiglas invece si hanno trasmissioni termiche meno nette, ma questo non vuol dire che il sottile strato non faccia passare il freddo.

Spostare le colonie in garage non riscaldati, in cantine, metterli sul davanzale di una finestra o su un balcone (sempre, in questo caso, in certe regioni va ricreata una situazione di temperatura stabilmente rigida, quindi proteggere il nido da eventuali raggi di sole, come da gelate improvvise, mettendoli al coperto di contenitori studiati ad hoc), in verande, magazzini, sono le soluzioni più a buon mercato e attuabili.

Anche se la colonia non è proprio al gelo, ma al di sotto dei 10 gradi, spesso è sufficiente a ricreare le condizioni ideali per il suo letargo invernale, mentre nel caso di specie particolarmente ostiche (come Myrmica ruginodis, Manica rubida, Formica rufa, ad esempio) potrebbe essere necessario mantenere queste temperature intorno allo zero anche per lunghi periodi per indurre la colonia a immobilizzarsi. Questo rende tutto più difficile se avete preso le vostre colonie da regioni non di vostra appartenenza (un siciliano che si sia procurato una colonia di Myrmica ruginodis originaria del Trentino), quindi è sempre bene prevedere in anticipo i pericoli e le difficoltà di procurarsi e mantenere formiche che poi non potremo gestire correttamente.


Colonie in cui l’ibernazione non è obbligatoria.

Formiche di origine mediterranea (Messor, Pheidole pallidula, Aphaenogaster spinosa, Tapinoma, Catagliphys) ma anche specie molto elastiche come Lasius o Tetramorium, non hanno l’obbligo stretto di ibernarsi, anche se è sempre consigliabile favorire una fase di riposo soprattutto alla regine in colonie sviluppate che pruducano abbondanti covate estive.

Anche nelle regioni del nord è possibile vedere formiche del genere Tapinoma bottinare all’aperto in pieno inverno con 5-6 gradi, a patto che il terreno sia colpito da raggi di sole. Come ho già iscritto altrove, non abbiamo dati che ci dicano quelli siano le temperature reali di un nido (ad esempio di C. nylanderi) interrato in un prato esposto al sole, in Sicilia o Puglia; a quale profondità staranno le formiche? Si immobilizzeranno, o troveranno un ambiente di stasi in cui fermano la ovata e semplicemente passano il tempo? Non ci sono esperienze dirette, ma certo sotto un sasso, in un terreno spoglio, sotto il sole per molte ore, sviluppa una buona temperatura anche in pieno inverno: e se le formiche stessero semplicemente pochi centimetri sotto, riceverebbero tutti gli effetti di un solarium...

Le colonie di Messor, Formica cunicularia, F. cinerea, Tetramorium, Pheidole, possono trascorrere l’inverno in condizioni di semi-letargo, semplicemente rallentando l’attività, ma senza mai immobilizzarsi del tutto, anche al di sotto dei 10-12 gradi.

In questi casi si può decidere di far saltare direttamente l’ibernazione a tutta la colonia, o di limitarla ad un arco breve di pochi mesi (anche solo 2). Le formiche mantengono in stasi la covata per tutto l’inverno se le temperature non si alzano per un periodo che possa far loro intendere che il periodo difficile è terminato. Non è strettamente necessario fornire cibo alle colonie in questo periodo, mentre è bene controllare che l’umidità latente sia sempre accettabile all’interno del nido, o che le operaie possano accedere a una fonte di idratazione.

Uno dei rischi è quello di lasciar seccare l’aria del nido troppo a lungo e di far morire la colonia nel sonno; controllate sempre che ci sia una fonte d’umidità a portata delle formiche.

Sottoposte a forti e duraturi periodi di riscaldamento anche in pieno inverno, Messor, ma anche Pheidole o Tetramorium, iniziano a deporre le uova e a sviluppare la covata come in piena estate, non essendo influenzate come i Camponotus o Formica da altri fattori genetici. In questo caso l’alimentazione della colonia deve essere mantenuta normale come in piena estate.


Esperienze personali:

Le colonie di formiche autoctone possono sopportare temperature molto più basse, per brevi periodi, di quello che possiamo immaginare. La mia colonia di Messor capitatus ha superato alcuni inverni in garage non riscaldato anche per diversi giorni con temperature esterne al di sotto dei -5° fino a -7°, semplicemente ammassandosi e immobilizzandosi. La colonia non sembra averne mai avuto conseguenze negative, che si sono verificate invece in annate in cui la mantenevo a 8-15 gradi. Temperature che bastavano a rallentare il metabolismo, ma esponevano la colonia a rischi d’infezioni esterne, che con temperature prossime allo zero non si verificano.

Alle stesse condizioni la colonia di Formica cunicolaria, pur rimanendo inattiva in senso stretto, non si è nemmeno mai bloccata.

Myrmica rubra ha trascorso l’inverno in provetta (4 regine, circa 50 operaie) semplicemente dentro una scatola di Ferrero Rocher, senza protezioni, sul davanzale della finestra. Le formiche non si sono mai immobilizzate del tutto.

Ho mantenuto invece le Camponotus maggiori in frigorifero o, nel caso delle C. vagus, il nido all’esterno o all’interno di una finestra abbastanza riparata, ma con temperature che non salivano mai sopra i 10-15 gradi, e la colonia si è riattivata spontaneamente a fine febbraio, dopo una stasi che era iniziata già a fine settembre.

Lo stato della colonia di Camponotus vagusprima del risveglio dal letargo del 2011/2012.

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Una nota particolare va aggiunta sulle fasi vitali di alcune specie di formiche per coloro che sono interessati a vedere lo sviluppo dei sessuati nelle proprie colonie mature:

Nel caso delle formiche del gruppo Myrmica, si sa che la nascita di regine primaverili avviene solo con uova schiuse in autunno che abbiano passato la fase invernale in ibernazione allo stato di larva. Questa è una condizione generalmente necessaria; serve l'assenza dei feromoni inibitori della regina a far sì che alcune di queste larve si sviluppino in altrettante regine, e questa cosa avviene durante il letargo invernale. Non abbiamo dati che possano far pensare che ciò possa influenzare anche altre specie. Myrmica è una delle più studiate in tal senso, ma è possibile che alcune specie autoctone seguano lo stesso iter.

Consiglio:

In caso di regine fondatrici che abbiano compiuto il volo nuziale autunnale, sarebbe bene rispettare la pausa invernale senza sfalsare i loro tempi di deposizione mantenendole a temperature elevate, cosa che è possibile favorire negli anni successivi in cui la popolazione la possa assistere. La regina da sola rischia maggiori stress ed è sempre al limite del suo equilibrio, mentre in presenza delle operaie può essere mantenuta sveglia e produttiva (sempre con riferimento a specie che non hanno la fase letargica obbligata).


L'uscita dal letargo invernale

Quale che sia la durata del periodo di riposo invernale, le formiche percepiscono immediatamente il cambio di temperatura, e iniziano a muoversi per riprendere la normale attività per quelle immobilizzate, mentre quelle che non si sono mai bloccate hanno un'accelerazione rivolta alle pulizie del nido, al foraggiamento e all'esplorazione dell'ambiente.

Possono essere necessari da poche ore ad alcuni giorni perché l'attività di tutta la colonia (colonie adulte o con più di 100 operaie) riprenda a comportarsi normalmente, ma per riattivare la deposizione della regina o lo sviluppo della covata latente è bene considerare che questa fase si attiva in presenza di un periodo di calore CONTINUO per più di una settimana, a volte anche per almeno 15 giorni. La regina depone se è sicura che la bella stagione è davvero tornata! Questa informazione le arriva tramite gli stimoli esterni delle figlie: proteine fresche, cibo in abbondanza e, appunto, il rialzarsi stabile delle temperature.

Quanto al modo di rialzare le temperature, è ovvio che sia meglio un rialzo graduale che imiti la realtà naturale. Probabilmente un rialzo repentino non arrecherebbe danni alle formiche e alla covata, ma non abbiamo dati in proposito, per cui mi sembra più logico i procedimento di portare la colonia gradualmente in zone della casa sempre più calde. metteteci pure due giorni, una settimana, quindici giorni... giusto non fatele passare in un'ora dal frigo al termosifone! Va tenuto in considerazione anche l'alloggio della colonia: in provetta gli sbalzi termici vengono percepiti immediatamente, nel legno più velocemente che nel gasbeton, per ultimo metterei il gesso.

La durata dell'ibernazione, anche nei confronti di specie non-obbligate, deve essere percepibile per loro e applicata con buon senso. E' vero ad esempio che si possono ingannare le formiche mettendole in frigo per breve tempo (anche pochi giorni) e fingere subito un rientro primaverile, ma non abbiamo prove che questa procedura non crei degli scompensi metabolici sulle regine. Quello che sappiamo è che le formiche sono molto robuste e adattabili, ma non abbiamo resoconti dettagliati su campioni significativi che questo trattamento sia indolore. Personalmente consiglio un minimo di due mesi, con le specie meglio adattabili (come le Formica) e suggerisco di rispettare la stagionalità della specie in questione. Con Camponotus herculeanus, e C. ligniperda, per prendere due specie estreme, non scenderei sotto i tre mesi, possibilmente rispettando il fotoperiodo dell'ambiente dove vivono abitualmente!

L'apporto proteico, meglio se con insetti morbidi, è sempre gradito nelle colonie già sviluppate, ed è necessario in quelle con covata di larve latente, mentre bisogna attenersi alla regola "niente cibo fino alle prime operaie” per tutte le regine fondatrici di sciamatura autunnale.

Queste regole non sono assolute. Ogni allevatore può, soprattutto in situazioni sperimentali, variare tempi e condizioni, ma raccomandiamo i neofiti di seguire attentamente la tipologia delle formiche che ha in cura. Ogni possibile sorpresa da parte delle formiche è una normale eccezione visto il genere di animale sociale che esaminiamo: le formiche sono VIVE! Non sono macchine! L'inverno e l'estate 2015/2016 e il conseguente autunno con le temperature anomale hanno fatto sballare periodi di sciamatura e comportamento di molte regioni, ma non dobbiamo considerare questo fatto come normale e archiviato, anche se dobbiamo tenerne conto!


Ultimo aggiornamento (Martedì 15 Novembre 2016 11:18)