La costruzione di un formicaio di legno esteticamente più bella, e più al sicuro dalle fughe, è quella realizzata scavando in un pannello di legno massiccio.
Ancor più dei modelli in gasbeton e gesso, il legno si adatta a strutture verticali che, più sottili e leggere, richiedono però una base stabile per essere mantenute in equilibrio.
Questo piedistallo può essere realizzato con lo stesso tipo di legno della struttura, o in qualsiasi altro materiale che si possa incollare, agganciare, o saldare al legno.

Sperimentare le tecniche, deciderne il disegno, e scontrarsi così con i primi rudimenti dello scavo di questi modelli è possibile già con materiali facili quali i fogli di sughero. Questo legno, così morbido, è lavorabile anche con attrezzi alla portata di tutti, come un Dremel armato di punte adatte.
I nidi nel sughero sono adattissimi a specie arboricole come Camponotus lateralis, Colobopsis truncatus o formiche del Gruppo Temnothorax, che sono piccole e relativamente in grado di perforarne il supporto.
E’ consigliabile anche se non indispensabile, procurarsi un foglio di sughero il più spesso possibile; fogli troppo sottili, o i fogli sottili incollati (anche a pressione) fra di loro, possono riservare problemi, in quanto certe formiche sono abili a sfruttare i punti deboli delle tavole, e in alcuni casi potrebbero approfittare di gradini o scollamenti per attaccarsi con le tenaglie e cominciare a minare lì la struttura.

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Ma i grandi nidi per formiche carpentiere, scavati in legni più duri, richiederanno l’opera di un artigiano o di attrezzature non sempre alla portata di un normale utente. Il lavoro necessario a scavare grandi nidi per colonie popolose o formiche aggressive come Camponotus vagus, necessitano ore di lavoro, oppure l’intervento di frese professionali, o meglio ancora, l’uso di una fresa automatica guidata da un CAD.

La progettazione e la messa in opera di geometrie complesse in legno massiccio su vaste superfici richiede infatti un macchinario apposito o l’intervento di un professionista.

Qui è evidente la differenza di qualità fra le due diverse tecniche. Ma la parte più significativa investe il tempo necessario per lo scavo manuale.

Nido scavato a mano con Dremel e trapano da legno:

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Nido scavato con mezzi di precisione, come una fresa guidata da un CAD:

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Soprattutto nei modelli verticali a doppia facciata,, ma anche in quelli a facciata singola, invito tutti a non scavare mai stanze più alte di 1-1,5 cm. Le arboricole e le carpentiere in generale, non sono formiche che abbiano l’abitudine di accumulare riserve di cibo, e anche se la covata in alcuni casi può essere appesa a pareti di legno (le larve di Camponotus sono dotate di una fitta peluria uncinata che permette questa operazione), per le formiche è meglio poter disporre larve e bozzoli su ripiani orizzontali. Quindi è meglio favorire la presenza di superfici pianeggianti, o anche inclinate, ma con soffitti non troppo alti che le costringerebbero ad accumulare ammassi di bozzoli e larve accatastati l’uno sopra l’altro, più difficili da gestire. In questi casi si noterebbe il fenomeno di formiche isolate che sembrano schiacciate fra i bozzoli come si fossero addormentate lì, e fossero state ricoperte di bozzoli e larve dalle compagne.

Per evitare la struttura a stanze strette coi soffitti alti, è bene prevedere il disegno della pianta del formicaio verticale disegnandolo e ridisegnandolo bene prima, studiando come disporre numerose stanze basse a più piani, come in un palazzo, oppure prevedere stanze più alte ma intervallate da diaframmi sottili e adatti all’appoggio della covata inerte. Non è necessario che le stanze siano molto profonde, lo spessore del legno determinerà il loro possibile sviluppo, ma se vogliamo che le formiche restino ben visibili, è meglio non andare oltre i 2 cm di profondità.
In caso di formicai in legno orizzontali, tutti questi accorgimenti sono superflui: la disposizione delle sale può anche essere ampia (in questo caso meglio che le stanze non siano troppo profonde!) con poche intersezioni separatorie, e anche le gallerie di accesso possono svilupparsi senza particolari geometrie. 

Una possibilità che rende il nido più vivibile e più simile a un tronco d’albero forato in natura è quella d'incidere le stanze e le gallerie in modo che buchino tutta la superficie del legno, affacciandosi sul lato opposto della tavola. Questo vale per i formicai a modello verticale e, in questo caso il nido diventa a doppia facciata. Le stanze che lo attraversano tutto avranno così una doppia visibilità, e le abitanti potranno sfruttare tutto lo spessore del pannello. Consiglio di utilizzare tavole spesse al massimo 4-5 cm; uno spessore maggiore, fornisce alle formiche uno spazio eccessivamente favorevole all’occultamento: vedrete meno facilmente le condizioni della regina, e l’eventuale scavo di gallerie all’interno di un nido troppo spesso non sarà avvertibile, fornendo loro sempre più spazi per nascondersi.
Io consiglierei di schermare almeno una delle facciate. Le formiche abituate alla luce sin dalla fondazione non sono normalmente infastidite dalla luce, e tutti noi alleviamo da anni formiche alla luce del giorno, ma offrire loro (e soprattutto alla regina) la sensazione di occultarsi alla vista altrui, in certi casi aiuta a mantenere più “tranquilla” la colonia.
Nelle mie osservazioni dal vivo, ho notato che un formicaio interamente schermato fa sì che le formiche si distribuiscano sull’intera superficie abitabile, mentre una facciata scoperta può influenzarne la frequentazione che è determinata in gran parte dalla temperatura, e le formiche sposteranno la covata soprattutto verso una fonte calore, cosa che alla lunga può creare dei problemi, come vedremo in seguito.
E’ quindi meglio gestire un ampio nido a doppia o singola facciata, lasciandolo coperto, scoprendolo solo quando si fanno delle osservazioni.
La colonia abituata a visite frequenti non risente dell’esposizione alla luce occasionale, se si ha l’accortezza di mantenerla scoperta di tanto in tanto.

Geometria degli interni.
Ognuno ha una propria idea di come le formiche scavano un nido. Di solito, le formiche ne hanno una diversa.
Le carpentiere maggiori, che sfruttano i punti più deboli degli alberi in cui vivono, scavano gallerie nelle venature morte del legno, seguendo le sezioni degli anelli annuali di crescita. Si sviluppano così fondamentalmente strutture verticali concentriche, con collegamenti profondi metri. Ma nei tronchi caduti, gli stessi abissi verticali diventano pavimentazioni altrettanto vaste. Per le formiche adulte verticale o pianeggiante conta poco, ma i materiali di costruzione, i bozzoli inerti, la covata, sono trasportati qua e là e benché possano essere appesi, hanno bisogno di spazi ampi e di circolazione d’aria e calore.
Nel caso di Lasius fuliginosus, bisognerà tenere conto che questa specie costruisce spontaneamente padiglioni in legno/cartone masticato, disposto in grattacieli interni ai tronchi d’albero, e in simbiosi con un micelio fungino; come sviluppare un nido di legno per ospitare queste formiche e dar loro la possibilità di riprodurre una simile struttura? Per un allevatore appassionato poter osservare un simile comportamento sarebbe paragonabile al veder crescere il fungo delle tagliafoglie brasiliane!
Allora, come scavare il nostro formicaio?
Per le mie esperienze, grandi colonie di carpentiere necessitano di abitazioni complesse e ricche di connessioni. Colonie piccole, con formiche medio-piccole, possono essere ospitate in sezioni di legno relativamente minuscole; una colonia di Colobopsis o di Temnothorax può stare in una tavoletta 10 x 10 ed essere disegnata seguendo una pianta di lunghe gallerie con stanze distanziate e di numero limitato. Per ovviare invece al bisogno di spazio che richiede una grande colonia, e la necessità di racchiudere tutto in un modello trasportabile agevolmente, io scelgo strutture geometricamente complesse, ricche di stanze separate da diaframmi il più possibile sottili, soprattutto nel nucleo centrale. La possibilità di bucare stanze su entrambe le facciate di una tavola spessa fa guadagnare ampie superfici, soprattutto associata a saloni che si affaccino su entrambi i lati, meglio se non sono simmetrici. La necessità di guadagnare spazio non deve cancellare lo svolgersi del naturale andamento delle gallerie, che deve essere meno possibile regolare, altrimenti si può tranquillamente restare al modello incassato fra cornici con i bastoncini da ghiacciolo come ripiani. Quindi bisogna alternare la costruzione di stanze su piani sovrapposti a una serie di passaggi o corridoi il più possibile irregolari.
Grande spazio deve sempre essere dedicato alla cornice esterna che serve a contenere eventuali fughe. Le formiche bucheranno dove potranno, e tenteranno comunque di trovare un punto debole nella loro prigione. Meglio rendergli le cose più difficili possibile! Un minimo di 3-4 cm di legno massiccio sono da prendere in considerazione nella parte bassa della struttura, uno dei punti in cui le formiche sono più propense a scavare.
Considerate che una colonia appena installata tende sempre a trincerarsi e a tappare tutti gli spifferi o fessure che tolgono loro sicurezza, ma col tempo andranno a sfruttare le stesse falle nella struttura per allargare i loro spazi!

Problemi con fonti dirette di calore.
I nidi di legno sono sensibili all’umidità, sia interna che esterna.
Di principio, non è bene far entrare in contatto l’acqua con il materiale della costruzione, quindi le formiche devo poter avere accesso a fonti di umidità indipendenti, come provette, abbeveratoi in arena o altri accorgimenti che compensino la mancanza di umidità della loro casa. In questo senso il sughero è più adatto come gestione, non soffre di queste limitazioni, perché non si deforma come gli altri legni. Il legno resta un materiale vivo: si gonfia con l’umidità, si piega, si “imbarca”, marcisce, asciugando può restringersi. Applicare una lastra di vetro a una tavola di legno può sembrare una operazione facile e priva di rischi per il nostro nido, ma come la fisseremo? Colle? Silicone? Tasselli o morsetti? Se il vetro è rigidamente fissato, la deformazione del legno potrebbe arrivare a scollarlo, scalzarlo, anche a romperlo (nel caso di un fissaggio rigido con angolari metallici). Un vetro rotto o incrinato mina la sicurezza del nido. Bisogna che il vetro sia fissato al legno in maniera dinamica perché un fissaggio che a prima prova sembra sicuro ed ermetico, nel giro di poche settimane potrebbe mostrare limiti inaspettati.
Per quanto possa sembrare incredibile, i problemi più grandi possono venire dal riscaldamento del nido, perché sono proprio gli sbalzi di umidità associati a quelli di temperatura che fanno variare maggiormente entrambe le superfici. Un legno che si imbarca, anche se il vetro è ben saldato e regge alla prova sui bordi, crea fessure verso l’esterno (se si gonfia al centro si scoprono spazi sul perimetro) o al centro; le formiche sentono subito che ci sono spiragli, e corrono immediatamente a tapparli, infilando negli spazi ogni sorta di materiale, dai detriti, ai resti di insetti, alla segatura. Questa operazione innesta un meccanismo perverso, che le operaie perseguiranno a oltranza: la fessura si allarga, e altro materiale vi verrà infilato. Il risultato sarà di creare un allargamento dello spazio fra il legno e il vetro. E la catastrofe è annunciata.
Un nido che asciuga dopo essere stato “inquinato” da un eccesso di umidità, in pochi giorni può variare le sue dimensioni in termini di millimetri, che, parlando di formiche, sono decisivi. La scelta di usare lastre di plexiglas, cosa che evita il rischio di rotture, a tutta prima sembrerebbe una soluzione ideale, ma il plexi è ancora più soggetto a deformarsi, così non sarà il legno a spingere in fuori il vetro, ma il plexiglass ad allontanarsi dalla superficie di legno.
L’unica risoluzione, ma è il vantaggio che il plexiglas offre, è che può agevolmente essere bucato e fissato in tutti i punti a rischio. Prevedete quindi in fase di progetto di scavo delle superfici a contatto più larghe in cui sia possibile bucare e applicare un ancoraggio. Pensate molto in anticipo tutti i punti in cui potrebbe deformarsi e allontanarsi dal legno, e fissatelo con viti anche piccole, ma che garantiscano l’aderenza delle due superfici. Le viti non devono essere messe solamente a presidiare il perimetro sterno, ma anche a mantenere la lastra aderente all'interno del nido (e una sola nel mezzo può non bastare!).

In realtà è impossibile che il legno non subisca gli effetti dell’umidità. A lungo andare, la popolazione stessa rilascia una grande quantità di liquidi che vanno a sporcare, far ammuffire, e danneggiare la loro casa. Le superfici più frequentate, anche solo per il rilascio delle feci, il deposito delle prede, il trasudare estivo della popolazione, la massa viva agglomerata in luoghi angusti d’inverno, rendono pavimenti e gallerie inizialmente lisce e linde, in pochi mesi nere e porose.
Una colonia di più di 1000 operaie di Camponotus necessita di almeno una provetta d’acqua da 20 cm ogni 3-4 giorni in piena estate, e quest’acqua da qualche parte va a finire!

Ultimo aggiornamento (Venerdì 12 Gennaio 2018 19:02)